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32° anniversario del memorabile incontro di due Santi: Giovanni Paolo II proclama la santità di Eustochia Smeralda
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Oggi, 11 giugno 2020, ricorre il 32° anniversario della canonizzazione di Eustochia Smeralda Calafato. E si impone con gioiosa intensità il ricordo di quel memorabile giorno del 1988, in cui i messinesi accolsero festanti papa Wojtyla. Uno storico avvenimento segnato dal fatto eccezionale che ha visto il Papa venire apposta nella nostra città – unica volta avvenuta fuori dalle mura Vaticane – per proclamare santa la Beata Eustochia. E affiorano vari momenti del suo incontro con la città e diverse frasi del “messaggio” che il santo padre rivolse ai messinesi.
Sono ricordi edificanti che rimangono indelebili nella memoria della città, e di cui ritornano alla mente alcune espressioni indimenticabili, come lo stupore e l’ammirazione di fronte alla bellezza dello Stretto e della città: “Qui, dove la natura è un inno perenne alla grandezza del Creatore, è più facile disporre l’animo a pensieri alti e soavi e soffermarsi in preghiera”; così i richiami al patrimonio storico culturale di Messina: “teatro di eventi che hanno lasciato tracce profonde nell’anima della gente”; o quelli riferiti alla vita contemplativa di Eustochia Smeralda: “donna del XV° secolo, testimone e maestra di santità”; ai malati: “saluto cordialmente tutti i malati e tutti coloro che li assistono”; così come il messaggio gioioso e intenso rivolto ai giovani: “Gravi e urgenti problemi si addensano all’orizzonte. E’ certo tuttavia che se voi riuscirete a mettere insieme le vostre energie di mente di cuore e di braccia, troverete soluzioni originali, capaci di accelerare il processo di adeguamento della società alle esigenze poste dai suoi antichi e nuovi bisogni…”
Profondamente sentito il richiamo che Giovanni Paolo II fece della santità dell’umile clarissa messinese.
“Dio chiamò santa Eustochia, la prese per sé (cf. Os 2, 16) ed ella, nel deserto della sua angusta cella e nelle prolungate veglie, visse l’attesa del suo Signore e sposo, il quale la rese capace di intendere le divine parole che rivolgeva al suo cuore” (cf. Os 2, 16).
“L’Onnipotente la fece sua sposa per sempre nella carità e nella compassione, e con questa vera, divina giustizia la condusse alla santità ricolmandola di beni (cf. Os 2, 21). Da parte sua, la nuova santa, con umile costanza, perseverò in questo amore e non esitò mai nel sacrificio, per crescere in tale amore e permanervi”. “La giustizia divina strappa gli uomini dalla bassezza del male e li eleva al vertice della figliolanza soprannaturale. Da tale altezza luminosa è possibile avere uno sguardo vasto, penetrante, che consente di conoscere in profondità il mistero di Cristo”.
“Ne è splendido esempio sant’Eustochia. Ella, ponendosi con assiduità alla scuola di Cristo crocifisso, crebbe nella sua conoscenza e, meditandone i misteri splendenti di grazia, concepì un fedele amore per lui”.
“Per la nostra santa la vita claustrale non fu una mera fuga dal mondo per rifugiarsi in Dio. Ella con la severa ascesi, che si era imposta, voleva certamente unirsi a Cristo, eliminando sempre più ciò che in lei, come in ogni essere umano v’era di caduco, ma sentiva di essere al tempo stesso unita a tutti. Dalla cella del monastero di Montevergine ella estendeva la sua preghiera e il valore delle sue penitenze al mondo intero. In tal modo intendeva essere vicina ad ogni fratello, lenire ogni dolore, chiedere perdono per i peccati di tutti. Oggi sant’Eustochia ci insegna la preziosità della consacrazione totale a Cristo, da amare con affetto sponsale, devoto, completo. Quando si aderisce a lui, si ama col suo stesso cuore, che ha una capacità infinita di carità”.
A. Majolino