- Guerra in Ucraina. L’arcivescovo Shevchuk: “Una pace ingiusta sarà causa di altre guerre”
- Movimento per la vita. Casini (presidente): “Fare di tutto per accogliere la vita e difenderla”
- Censis su religiosità italiani, Nembrini: “Tornare alle origini e seguire la strada tracciata dai santi di oggi”
- La Santa Sede dopo l’elezione di Trump, l’augurio del Segretario di Stato Parolin
- Clarisse di Sicilia. Monastero di Castelbuono, l’elevazione dello spirito a Dio tra preghiera, lavoro e fraternità
- Alluvioni in Spagna, tra i volontari che aiutano anche tanti sacerdoti, suore e giovani delle diocesi.
La “funzione morale e spirituale” dello sport, strumento di “riscatto sociale ed educativo”
Articoli collegati
- MESSINA – Ricorrenza del primo anniversario di ordinazione episcopale dell’Arcivescovo mons. Giovanni Accolla. Riapertura al culto della chiesa di Cristo Re
- MESSINA – “APPARIRE….ESSERE”: uno spettacolo divertente al Teatro “Luigi Pirandello”, sabato 7 e domenica 8 ottobre
- Messa in Coena Domini, Papa Francesco: lava i piedi a dodici detenute, “Gesù non si stanca mai di perdonare”
Lo sport è più di un semplice passatempo: uno vero e proprio stile di vita che con i suoi valori assolve una chiara funzione morale e spirituale, in grado di guidare e sostenere i giovani di fronte ad una società logora e mediocre oramai sempre più rivolta verso il basso. Sport non soltanto come attività agonistica e competitiva propriamente intesa, ma soprattutto come riscatto sociale ed educativo a fronte di stimoli quotidiani non sempre idonei alla promozione dello sviluppo psicofisico della persona.
Sport che insegna come nella vita si possa vincere o perdere, nell’ottica di un procedimento che permetta all’individuo di apprendere l’arte del vivere, nel rispetto di sè
e del prossimo, e di affrontare i problemi e le difficoltà quotidiane con una marcia in più. In effetti, le difficoltà non hanno paternità: siano esse propriamente di tipo sportivo o di qualsiasi altro genere, sono pur sempre delle difficoltà. Ciò che conta, e che fa la differenza, è il modo in cui vengono percepite dalla nostra mente e di conseguenza affrontate. Sicuramente, avere un approccio positivo ai problemi può aiutarci meglio a ragionare per trovare una possibile soluzione.
Nella quotidianità, spesso questo approccio manca, siamo portati probabilmente per natura, ad avere una visione sconfortante dell’esistenza, a lamentarci, a vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto. L’uomo per sua natura tende a concentrarsi su ciò che non va, spesso in preda allo sconforto, perdendo di vista il traguardo e, spesso, abbandonando un obiettivo un’ora prima del miracolo del suo conseguimento.
Convinzioni limitanti, il pensare di non potercela fare, dell’essere fatto così e di non poter cambiare, la mancanza di autostima, il condizionamento sociale, sono tutti fattori che spengono l’entusiasmo, la gioia di vivere, la curiosità che è il motore di ogni esperienza, della crescita. Ed ecco che la motivazione spesso viene meno, soffocata da una mediocrità sociale e negativista che porta al buio, alla morte. In realtà, siamo fatti per splendere. In questo senso, lo sport insegna molto: partire dal presupposto che nella vita le difficoltà sono una cosa assolutamente normale.
È il modo in cui accogliamo le difficoltà a fare la differenza: i campioni dello sport hanno una marcia in più perché capaci di accogliere le difficoltà quasi come una benedizione, ringraziandola e chiedendo cosa possono imparare da questa difficoltà per divenire degli atleti e delle persone migliori. In tutto questo, avere la consapevolezza di aver dato il massimo che potevamo, di aver messo tutto il nostro impegno, di aver utilizzato ogni fibra muscolare ed ogni neurone ci aiuterà a vivere in modo soddisfacente e senza alcun rammarico.
E’ un dato di fatto: una maggiore auto consapevolezza, che ci permetta di valutare in concreto il nostro impatto sugli altri, è un enorme vantaggio per ottenere equilibrio in tutti gli aspetti della nostra vita. In questo, le analogie con il mondo spirituale sono numerose: Lo sport è per la vita.
Nella sua accezione più pura esso è manifestazione di gioia, propositiva di valori autentici, in grado di elevare l’atleta verso forme di comportamento di alta qualità spirituale ed etica con il riconoscimento delle proprie virtù, dei propri talenti, come quelli di cui parla la famosa Parabola. Intesi come doni da coltivare e promuovere, senza pretese di superbia bensì nel rispetto di quell’umiltà tanto voluta dalla religione cristiana, che non conduce all’annullamento di sé ma alla valorizzazione delle proprie abilità nel rispetto dell’altro e nel riconoscimento dei propri limiti. Che, ben inteso, non rappresentino un punto di arrivo ma uno stimolo a fare di meglio, nell’ottica di quella idea di perfezione a cui l’uomo essere imperfetto aspiri nella dimensione di Dio, mantenendosi fedele nelle scelte e maturando in modo libero e consapevole ma soprattutto responsabile.
Gabriella Forlese