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il Papa in Iraq: “il terrorismo non prevarrà mai”, perché “l’ultima parola appartiene a Dio”
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Papa Francesco è tornato dal suo viaggio in Iraq, dai luoghi della persecuzione dei cristiani per mano dell’Isis. E‘ stato a Baghdad e a Mosul, dove si è soffermato a pregare tra le macerie della guerra e, in particolare, nella chiesa di Qaraqosh devastata dalla furia dei terroristi. Nello lo stadio di Erbil, ha celebrato la messa davanti a 10 mila persone.
“Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele”. Sono le parole del Papa nell’omelia finale durante la Messa celebrata ad Erbil, che testimoniano la sua soddisfazione per l’esito del primo viaggio apostolico dopo lo scoppio della pandemia. Un viaggio difficile, incerto fino all’ultimo e che gli è costato non solo fatica fisica, ma anche qualche critica.
Ne valeva la pena, però, soprattutto per via dell’incontro con la sofferente Chiesa irachena così lontana dalle “nefaste suggestioni del potere e del denaro” biasimate nell’omelia. Francesco ha plaudito al popolo cristiano dell’Iraq, definito “strumento della pace di Dio e della sua misericordia, artigiano paziente e coraggioso di un nuovo ordine sociale”. Nel saluto finale nello stadio Hariri il Pontefice ha fatto accenno all’ecumenismo del sangue, affermando di voler abbracciare “i cristiani delle varie confessioni” che in tanti “hanno versato il sangue sullo stesso suolo” e “risplendono insieme, stelle nello stesso cielo”.
Alla fine dell’ultimo impegno pubblico della sua tre giorni (+1) in Iraq, Francesco è apparso stanco ma felice ed ha salutato i presenti portandosi la mano sul cuore. Nell’omelia ha ripetuto alcuni dei temi a lui più cari, spiegando poi di aver voluto così fortemente questo pellegrinaggio anche per la solidarietà dimostrata dalla Chiesa irachena nei confronti dei poveri e dei sofferenti.
Prima di Erbil c’era stata la visita alla comunità di Qaraqosh, villaggio dove storicamente la presenza cristiana è sempre stata massiccia. Nella cattedrale siro-cattolica dell’Immacolata Concezione, devastata dai terroristi dell’Isis che ne fecero un poligono da tiro e rimessa a nuovo dopo la liberazione del 2017, il Pontefice ha detto che l’incontro di ieri “dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola” perché “l’ultima parola appartiene a Dio”. Ai fedeli reduci dalle sofferenze dell’occupazione islamista, Francesco ha predicato il perdono che “è necessario per rimanere cristiani”, pur dicendosi consapevole di quanto questo sia difficile.
Non è mancato un invito a dire no al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione. A ridosso dell’8 marzo, il Papa ha avuto un pensiero speciale per le donne, le principali vittime di questi ultimi decenni di guerra: “a tutte le madri e le donne di questo Paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite – ha detto Bergoglio – che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità”.
Il primo impegno del suo terzo giorno iracheno era stato, invece, a Mosul, città-simbolo prima dell’avanzata dell’Isis e poi della sua sconfitta. Qui Francesco ha presieduto una preghiera di suffragio per le vittime di guerra a Hosh al-Bieaa ed ha sollevato la questione della scomparsa dei cristiani nel Medioriente, affermando che “il tragico ridursi dei discepoli di Cristo è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle”. Il Santo Padre ha ribadito anche la sua convinzione che “la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra”. Una convinzione che, ha detto il Papa, “mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione”.
Redazione da Ag. di i.