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Padre Celso Ba Shwe: “aiutateci, molte città in Myanmar stanno diventando campi di sterminio”
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La situazione in Birmania si fa sempre più drammatica: la rivolta della popolazione contro il pugno di ferro del regime è continua e crescente; sono ormai migliaia i manifestanti che protestano in diverse città nel Myanmar, diventate un campo di battaglia quotidiano dove la polizia adotta una repressione feroce, sparando in alcune occasione anche contro la folla inerme: sono numerose le persone che sono già state uccise in diversi capiluoghi nel Paese. I Birmani invocano aiuto al mondo via Internet, ma la situazione continua ad aggravarsi sollecitando il drammatico richiamo del clero locale, come quello, durissimo, dell’amministratore apostolico padre Celso Ba Shwe, dalla diocesi di Loikaw .
“Molte città in Myanmar stanno diventando campi di sterminio”. Le forze di sicurezza fanno irruzione nelle case, trascinano fuori le persone. I manifestanti vengono catturati, torturati e alcuni sono morti sotto tortura. “Il mondo non deve tacere davanti alle sofferenze del popolo del Myanmar. È urgente e necessario un intervento internazionale. Quanti cadaveri sono necessari all’Onu per agire? Senza l’intervento internazionale, il Myanmar diventerà presto un cimitero. Aiutateci senza indugio”.
“Il Myanmar è ora in uno stato di anarchia. La situazione nelle strade del Paese sta peggiorando. I militari e la polizia dovrebbero proteggere i civili. Invece sono loro ad agire illegalmente. Fanno quello che vogliono. Catturano le persone con la forza di notte e le picchiano a morte senza motivo. Alcuni sono rimasti gravemente feriti”. Comincia così il lungo raccontato di padre Celso Ba Shwe, amministratore apostolico della diocesi di Loikaw, capitale dello Stato di Kayah. Il Sir lo ha raggiunto per farsi spiegare cosa sta succedendo in queste ore drammatiche nel Myanmar. È stato lui, due giorni fa, insieme ad un pastore protestante, a scendere per strada nel tentativo disperato di mediare tra la polizia e i manifestanti che stavano protestando vicino al complesso della Cattedrale di Cristo Re.
Vengono commessi crimini anche in pieno giorno, continua il racconto di padre Celso Ba Shwe, secondo quanto riportano i social media, il 3 marzo scorso, 62 civili, compresi i minorenni, sono stati uccisi brutalmente a colpi di arma da fuoco, principalmente da cecchini. Ci sono molti altri cadaveri che non sono apparsi sui media. Molte città in Myanmar stanno diventando campi di sterminio.
Stanno uccidendo persone innocenti. Nessuno può fermarli. Sembra che non abbiano più un cuore umano. Hanno già commesso gravi crimini contro l’umanità. Che tristezza! La gente sta vivendo come un incubo la situazione che la vede impotente, indifesa, in preda alla paura. Il paese non è più un luogo sicuro in cui vivere. Alcuni addirittura non se la sentono di dormire nelle proprie case. Sono sopraffatti da preoccupazioni, ansie e rabbia. Di notte la giunta militare invia criminali in città e villaggi con l’ordine di bruciare case e avvelenare l’acqua. Le forze di sicurezza fanno irruzione nelle case, trascinano fuori le persone, prendono le cose che vogliono. Lungo le strade picchiano violentemente le persone e distruggono in modo aggressivo automobili, motociclette, negozi e ristoranti. Hanno sparato gas lacrimogeni anche dentro le case ferendo bambini e anziani. I manifestanti vengono torturati e alcuni sono morti sotto tortura.
MRTV, MWD e i due giornali di Stato (Myanma Alyne & Mirror) sono ora sotto il controllo della giunta militare. Non è quindi possibile seguire fatti e informazioni reali. Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in molte sedi dei media locali nel tentativo di sopprimere l’informazione che si oppone al colpo di Stato.
Come è stato visto anche in Italia, l’enorme coraggio di preti, suore, vescovi impegnati nelle strade è rivolto a proteggere la pace e la sicurezza. Si chiede alle forze di sicurezza: non fate del male e non sparate ai manifestanti armati perché stanno manifestando pacificamente e alcuni pregano per la pace e la giustizia. Siamo impegnati perché non possiamo permettere che l’ingiustizia dilaghi, non possiamo chiuderci nelle nostre stanze, cappelle e chiese mentre la nostra gente soffre per le strade, lotta per la giustizia e piange per la democrazia.
Le sofferenze della nostra gente sono le nostre sofferenze. Le grida della nostra gente sono le nostre grida. Anche noi vogliamo la democrazia, lo stato di diritto, il rispetto della dignità umana, pace e giustizia. È lo Spirito Santo che ci dà la forza. Sono i valori del Vangelo e il ricco tesoro di saggezza degli insegnamenti sociali della Chiesa cattolica che ci spingono a difendere il nostro popolo che ha bisogno di aiuto.
Siamo molto grati alla comunità internazionale e alla Chiesa nel mondo per le loro preghiere, il loro sostegno e la loro preoccupazione. Ancora una volta vorremmo chiedere: per favore, continuate a sostenere il popolo del Myanmar finché non sia ripristinata una vera democrazia nel paese. Aiutateci a combattere contro ingiustizie e crimini, a liberarci dalla dittatura militare. Il mondo non deve tacere davanti alle sofferenze del popolo del Myanmar. È urgente e necessario un intervento internazionale.
Quanti cadaveri sono necessari all’Onu per agire? Senza l’intervento internazionale, il Myanmar diventerà presto un cimitero. Aiutateci senza indugio.
È necessario anche un sostegno finanziario per i settori sanitari. La diocesi di Loikaw ha tre centri sanitari in tre diverse città per cure d’emergenza. Naturalmente, le strutture non sono all’altezza. Tuttavia, cerchiamo di offrire il miglior trattamento possibile. Dipendiamo da donatori locali per l’acquisto di medicinali e le strutture necessarie. Sarà difficile per noi continuare così a lungo”.
Redazione da Ag. di i.