Beatificazione di Rosario Livatino, card. Semeraro: “coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita”

Redazione1
di Redazione1 Maggio 10, 2021 20:12

Beatificazione di Rosario Livatino, card. Semeraro: “coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita”

Con una solenne celebrazione avvenuta ieri nella basilica cattedrale di Agrigento, è stato proclamato beato Rosario Livatino. Il magistrato assassinato dalla mafia il 21 settembre 1990, all’età di 37 anni, mentre si recava senza scorta con la sua Ford Fiesta da Canicatti’ al Tribunale di Agrigento.

Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza di vescovi e sacerdoti provenienti dalle varie diocesi, ha dato lettura della disposizione di Papa Francesco: “Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizio della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato”. Comunicazione accolta nella cattedrale con un caloroso applauso.

La festa sara’ celebrata ogni 29 ottobre. Una data non casuale, ma quella dell’anniversario della visita di san Giovanni Paolo II nella città dei templi, quando lanciò il suo celebre anatema contro la mafia, il suo grido ‘Convertitevi, arriverà il giudizio di Dio’ che risuonò fra i templi nel 1993. In quell’occasione, il pontefice incontrò i genitori del magistrato che definì “martire della giustizia”.

“La Chiesa che e’ in Agrigento – ha poi affermato il cardinale Montenegro – devotamente grata e riconoscente al Successore dell’Apostolo Pietro, Papa Francesco, rende grazie al Padre di Gesu’ Cristo e Padre nostro, al Dio tre volte santo, ed innalza l’inno di lode per aver proclamato Beato il Venerabile Servo di Dio Rosario Angelo Livatino”.

A presiedere la celebrazione il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e delegato pontificio. Concelebranti il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano arcivescovo coadiutore, mons. Salvatore Gristina presidente della Conferenza Episcopale Siciliana e mons. Vincenzo Bertolone, Postulatore, arcivescovo di Catanzaro- Squillace. La reliquia del nuovo Beato, una camicia intrisa di sangue, è stata posta nei pressi dell’altare e adornata di ceri e di fiori.

Il “segreto della santità”, – ha  da mafia, nell’omelia il card.Marcello Semeraro – è “rimanere nell’amore di Cristo”, ed è “una situazione che si fa drammaticamente evidente nei momenti di crisi, nei momenti in cui ‘essere cristiani’ non è più qualcosa di scontato e diventa, anzi, cosa scomoda, schernita, rischiosa, pericolosa”.

Nella vita del martire Livatino, ha ricordato inoltre il cardinale, ritorna “il motto S.T.D. che ordinariamente s’intende come Sub Tutela Dei e che il nostro beato inseriva, magari sovrastato dal segno della Croce, in pagine speciali dei suoi scritti. I giusti, scriveva un autore del XII secolo, si collocano sotto la Croce, si pongono, cioè, sub tutela divinae protectionis e così si saziano dei frutti dell’albero della vita. È quanto è accaduto al giudice Livatino, il quale è morto perdonando come Gesù ai suoi uccisori”.

“Considerando la vicenda di Rosario Livatino ci tornano vivide alla memoria le parole di san Paolo VI: ‘L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni’. Il nostro Beato lo fu nel martirio”, ha concluso il prefetto: “Credibilità fu per lui la coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita. Livatino rivendicò, infatti, l’unità fondamentale della persona; una unità che vale e si fa valere in ogni sfera della vita: personale e sociale. Questa unità Livatino la visse in quanto cristiano, al punto da convincere i suoi avversari che l’unica possibilità che avevano per uccidere il giudice era quella di uccidere il cristiano”.

Presenti alla celebrazione 21 vescovi siciliani, tra cui l’arcivescovo emerito di Agrigento mons. Carmelo Ferraro che celebrò le esequie di Rosario Livatino, e i vescovi di origine agrigentina mons. Ignazio Zambito e mons. Salvatore Muratore. 32 i sacerdoti presenti, in rappresentanze delle 9 foranie della Diocesi di Agrigento. Tra i presenti anche don Luigi Ciotti, presidente di Libera. “Livatino è vivo, dice Don Ciotti, e vive nella memoria di chi l’ha conosciuto. Vive nel lavoro della cooperativa di giovani che porta il suo nome. Vive nell’impegno di chiunque si spenda contro ogni forma di prepotenza, violenza e sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Era un uomo di legge per il diritto e soprattutto per i diritti di ogni persona.

Tra le autorità civili e militari, il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura David Ermini, il sottogretario al ministero dell’Interno Nicola Molteni, il Procuratore generale antimafia Federico Cafiero De Raho.

Di Livatino, nato a Canicatti’ il 3 ottobre 1952, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio “in odium fidei” (in odio alla fede), come riporta un decreto della Congregazione per le Cause dei santi, di cui Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione nel corso di un’udienza col cardinale prefetto Marcello Semeraro, il 21 dicembre 2020.

In una precedente riflessione, il postulatore della causa di beatificazione di Livatino, mons. Vincenzo Bertolone evidenzia: “il suo martirio è stato ed è il segno di un’insanabile inconciliabilità tra Vangelo e strutture mafiose”. “Il silenzio, che gli fu imposto con la violenza, è diventato canto di lode al Signore profluvio di speranza per la Chiesa, esempio luminoso per la magistratura. Pensavano di essersene sbarazzati per sempre. Sbagliavano: Livatino vive”.

 

 

 

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