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Medjugorje, mons. Hoser: “luogo di riflessione, preghiera, incontro e dialogo con il Signore”
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L’inviato speciale della Santa Sede a Medjugorje, l’arcivescovo Henryk Hoser, il 74enne vescovo di Varsavia-Praga in Polonia, nominato dal Papa come responsabile per la pastorale dei pellegrini nella cittadina in Bosnia-Erzegovina divenuta famosa nel mondo dal 1981, riferisce quanto ha constatato nella sua visita nel luogo dove sei ragazzi (oggi adulti) affermano di vedere apparire la Madonna chiamata con il titolo di “Regina della pace”. “Bisogna vivere l’atmosfera di Medjugorje, quella preghiera e quella liturgia. Bisogna seguire di persona il cammino del rosario e la Via Crucis, il racconto non basta…” dice al Sir mons.
Henryk Hoser il cui compito è esclusivamente pastorale e non riguarda le presunte apparizioni mariane. Il quale poi osserva che sebbene ci siano
“delle opinioni contrastanti riguardo alle presunte visioni”, bisogna “vivere la realtà di Medjugorje” che è “un luogo di riflessione e di preghiera, di incontro e di dialogo con il Signore”.
Anche Il card. Stanislav Dziwisz, ex arcivescovo di Cracovia e dal 1966 al 2005 segretario particolare di Karol Wojtyla Giovanni Paolo II, visitando pochi giorni fa la cittadina di Bosnia-Erzegovina, dove da 40 anni sei
veggenti affermano di avvertire la presenza di Maria che lascerebbe loro dei messaggi, non ancora riconosciuti ufficialmente dalla Santa Sede, ha sottolineato che
“Medjugorje è un luogo di grande preghiera e di conversione attraverso la preghiera, la confessione e la penitenza. E che “non tanto sono importanti le visioni bensì il fatto che questo è un luogo d’incontro con la Madre di Dio, da cui scaturiscono rinnovamento spirituale e conversione personale testimoniati da molti pellegrini.”
Circa l’interrogativo se i contenuti dei messaggi rilasciati dalla Madonna ai veggenti siano cambiati a causa della pandemia, Hoser ha affermato che “Il messaggio di Medjugorje è sempre attuale poiché è l’appello alla conversione, alla pace, al ritorno a Dio, rivolto a delle persone che non pregano più e che non hanno più un contatto diretto con il nostro Creatore e Redentore”. Tale invito alla penitenza, alla conversione e alla vita sacramentale – ha proseguito Henryk Hoser – è sempre più attuale. E i sacerdoti che celebrano in quel luogo, nel loro lavoro pastorale mettono l’accento proprio su questi aspetti. A Medjugorje molte persone si convertono davvero nel profondo dei loro cuori, ci sono molti casi di risveglio vocazionale, di cambiamento di vita”.
La pandemia non ha quindi cambiato nulla, se non il numero di presenti, in quanto molte persone sono state ostacolate nella realizzazione del loro desiderio di recarvisi personalmente, ha continuato mons. Hoser, ma nonostante le restrizioni sanitarie adottate per arginare il proliferare dei casi di coronavirus, a Medjugorje le celebrazioni dell’anniversario hanno avuto un carattere molto solenne.
“Sono arrivati molti pellegrini soprattutto dalla Bosnia-Erzegovina ma anche dalla vicina Croazia”. Ci sono stati inoltre ben 50 pullman con dei pellegrini polacchi, e numerosi altri con quelli provenienti dall’Ucraina. La giornata del 25 giugno scorso è stata vissuta in maniera profondamente spirituale. Anche perché per tutta la diocesi di Medjugorje è stata l’occasione per ricordare momenti importanti della propria storia”, spiega mons. Hoser.
“Riguardo all’allentamento dovuto al divieto di spostamenti a causa del virus, chiarisce Henrik Hoser, i pellegrini, che prima della pandemia erano circa 3 milioni l’anno, si sono parecchio ridotti. Con i divieti imposti a causa del virus, per esempio molti pellegrini
dall’Italia sono stati scoraggiati a venire. Anche perché dopo il rientro sarebbero sottoposti a quarantena. Adesso, pian piano gli arrivi stanno riprendendo. Questo è molto importante per la gente del posto che vive grazie alla presenza dei pellegrinaggi”.
Attualmente i gruppi più numerosi provengono dai Paesi dell’Est. Ma sicuramente fra poco arriveranno dei gruppi anche dalla Francia e dalla Germania, dove la spiritualità di Medjugorje è più conosciuta, rispetto per esempio all’Italia. Non è nulla di strano, poiché c’è sempre bisogno del tempo affinché una religiosità diventi più popolare. Io comunque vedo sempre una crescita, e penso che tale tendenza andrà affermandosi.
Riguardo all’interrogativo riferito al motivo per cui tante persone sono attratte da Medjugorje, mons. Henrik Hoser precisa che “ai pellegrini non si offrono cose soprannaturali. Si prega insieme sul rosario, si celebra l’eucaristia e quindi si dà alla gente il pane quotidiano, cosa che la Chiesa fa da millenni. Dopo l’eucaristia spesso si recita la preghiera per la guarigione. Nulla di particolare. Molti pellegrini proprio a Medjugorje riscoprono l’adorazione del Santissimo, al termine della quale solitamente le persone applaudono. E quell’applauso è diventato in qualche modo un segno di Medjugorje”.
“Spesso in Occidente, a causa di una crescente laicizzazione – conclude Hoser – le chiese assomigliano ad un deserto spirituale. A Medjugorje è diverso. E proprio per questo invito tutti a venire qui”.
Redazione da Ag. di inf.