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Anno di San Giuseppe, Teresa d’Avila e il santo Patrono delle Carmelitane scalze
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Il momento storico di postmodernità che stiamo attraversando, ci fa prendere atto di vivere in un tempo che segna la fine di un’epoca, e ne apre un’altra in cui assistiamo a inconsueti e accelerati cambiamenti in campo scientifico, sociale, politico e anche spirituale. Una realtà sociale in cui tende a prevalere laicismo, relativismo e specialmente una potente tecnologia che ha abolito tempi e spazi nella comunicazione e ha portato l’uomo a dominare la natura, spesso a violentarla, e perfino a volerla trasformare mediante potenzialità fantasiose, esposte però a conseguenze negative imprevedibili. Lo dimostrano certi effetti eclatanti e molto dolorosi, che mostrano la fragilità di un mondo soggetto a condizioni problematiche e persino a gravi emergenze, come quella drammatica della pandemia da Covid-19.
Momenti di grave difficoltà come quest’ultima calamità, in grado di mettere in serio pericolo anche il dono prezioso della vita, fanno sentire più forte l’attrattiva della spiritualità, che spinge a far leva sull’enorme risorsa della religiosità che “richiama l’uomo alla sua vera natura in relazione all’esistenza di Dio, con cui ha possibilità di entrare in comunione nell’amore ed essere aiutato a regolare e indirizzare la propria condotta personale e l’andamento storico della propria vita”.
Concorrono a percepire il richiamo della fede, che è anche appello alla speranza, certe pratiche religiose e particolari devozioni che aprono l’accesso prodigioso ad un più facile rapporto con la Divinità, mediante anche l’intercessione dei santi. A questo proposito, l’8dicembre scorso, Papa Francesco ha indetto un “Anno di san Giuseppe” allo scopo “di accrescere l’amore verso questo grande Santo, essere spinti ad implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio”. Un desiderio quello del papa “cresciuto durante questi mesi di pandemia”, che sollecita a rivolgersi all’aiuto confortante proveniente dal mondo misterioso, ma interiormente molto appagante della santità, e quindi dell’affascinante mondo della mistica.
Il culto a san Giuseppe “ha visto alternarsi fasi di nascondimento e di oscurità a periodi di riscoperta e di luce”. La sua figura, definita nel Vangelo di umile falegname promesso sposo di Maria, è quella di un uomo giusto dalla personalità robusta, capace di prendere decisioni importanti e coraggiose in difesa di Maria e Gesù, ma nel contempo un personaggio silenzioso e nascosto, che sa mettersi da parte di fronte all’imprevedibile disegno di Dio su di lui”.
La venerazione verso san Giuseppe si interseca felicemente con i Carmelitani, che “già dalla seconda metà del XV secolo celebravano la festa del grande Santo e furono i primi, nella chiesa latina, a comporre un ufficio liturgico dedicato al santo Patriarca. Un pregevole posto nella spiritualità carmelitana san Giuseppe lo acquisisce in seguito alla Riforma di santa Teresa di Gesù, diventando uno degli elementi più caratteristici del carisma teresiano.
La devozione a san Giuseppe si manifesta nel corso di una grave infermità che colpì Teresa d’Avila a 25 anni, rendendola sofferente per tanto tempo. “Non trovando rimedio nei medici della terra, e spinta da un’ispirazione interiore, Teresa si era rivolta a San Giuseppe come medico celeste (Vita 6,6),
ottenendo in seguito la guarigione”. Da quel momento ella testimonia di “sentire effettivamente la misteriosa presenza del santo al suo fianco a difesa dai pericoli del corpo e dell’anima”. Scrive la Santa: “Ho visto che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta”. Per cui Teresa sostiene che san Giuseppe è il santo più potente nell’intercedere, in virtù dell’essere stato padre putativo di Gesù. Ma l’intervento principale di cui ella sentiva l’influenza era nella sua missione ecclesiale di fondatrice, per cui alle consorelle monache additerà il Santo come “Fondatore e Patrono della Riforma”.
Nel libro della Vita, raccontando la fondazione del primo monastero di carmelitane scalze, Teresa rivela che il Signore le ordinò che “il monastero doveva essere dedicato a san Giuseppe da una parte, e nostra Signora dall’altra, mentre Egli, il Signore, sarebbe stato con noi”. Questa la significativa immagine ideale del Carmelo Teresiano che la contemplativa di Avila vede quale riproduzione della Sacra Famiglia di Nazaret. Per cui “in san Giuseppe le carmelitane scalze trovano lo specchio della mistica che anima l’Ordine carmelitano, un’icona evangelica alla quale guardare per non smarrirsi”.
Infatti la parola chiave della dottrina teresiana è “orazione”, intesa come “intimo rapporto di amicizia con Colui da cui sappiamo di essere amati”. E Teresa, innamorata del mistero dell’incarnazione, “trova in san Giuseppe un aiuto
potente per restare ancorata, nella preghiera e nella vita, a Gesù incarnato, al Gesù del Vangelo.
Secondo il pensiero della Fondatrice, “la Famiglia di Nazaret è icona della comunità teresiana ‘la piccola e santa compagnia’ nella quale si cerca di vivere rapporti fraterni improntati a carità, mettendo Cristo al centro”. Così come ha ricordato Papa Francesco nella Patris Corde, quando afferma che san Giuseppe “ha saputo decentrarsi, ha saputo mettere al centro della sua vita Maria e Gesù”, e ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca”.
Amuel