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Festività di tutti i santi, Papa Francesco: “santità è vocazione comune di tutti i cristiani”
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La Festività di tutti i santi, che rappresenta certamente un punto focale nella vita dei cristiani chiamati a imitare Gesù Cristo, non può non farci addentrare nella profondità del mistero di fede incentrato sulla rivelazione che «…siamo tutti chiamati alla santità”- ci ricorda Papa Francesco – “e i santi e le sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, degli esseri umani lontani, irraggiungibili. Al contrario, sottolinea Francesco, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino”. “Quindi la santità è dono e chiamata… è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo, che si manifesta come assunzione di responsabilità. Quindi chiama ad assumere un quotidiano impegno di santificazione nei doveri e nelle circostanze della nostra vita, cercando di vivere ogni cosa con amore, con carità».
Quindi la santità è dono e chiamata… “è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo ci ricorda sempre Francesco; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna. La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità. Quindi la santità è vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna.
“La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità: assumere dunque un quotidiano impegno di santificazione nelle condizioni, nei doveri e nelle circostanze della nostra vita, cercando di vivere ogni cosa con amore, con carità» (Angelus, 1 novembre 2019).
“In questi ultimi decenni sono stati proclamati tanti santi e beati: mai c’è stata nella chiesa una stagione così ricca di canonizzazioni, segno anche di un’estesa “cattolicità” raggiunta dalla testimonianza cristiana. Eppure molti, all’interno e attorno alla chiesa, hanno la sensazione di non conoscere dei santi “vicini”, di non riuscire a discernere “l’amico di Dio” – questa la stupenda definizione patristica del santo – nella persona della porta accanto, nel cristiano quotidiano.
Ma è proprio in questa ambigua ricerca della santità attorno a noi che ci viene in aiuto la festa di tutti i santi, la celebrazione della comunione dei santi del cielo e della terra.
Ecco il forte richiamo che risuona per noi oggi: riscoprire il santo accanto a noi, sentirci parte di un unico corpo. E’ questa consapevolezza che ha nutrito la fede e il cammino di santità di molti credenti, dai primi secoli ai nostri giorni: uomini e donne nascosti, capaci di vivere quotidianamente la lucida resistenza a sempre nuove idolatrie, nella paziente sottomissione alla volontà del Signore, nel sapiente amore per ogni essere umano, immagine del Dio invisibile. Il santo allora diviene una presenza efficace per il cristiano e per la chiesa: “Noi non siamo soli, ma avvolti da una grande nuvola di testimoni” (Eb 12,1), con loro formiamo il corpo di Cristo, con loro siamo i figli di Dio, con loro saremo una cosa sola con il Figlio.
Come si diventa santi? Diventare santi è possibile seguendo la grande regola che ci ha lasciato Gesù e ritroviamo nel Vangelo di Matteo. Scrive Papa Francesco: «Se cerchiamo quella santità che è gradita agli occhi di Dio, in questo testo troviamo proprio una regola di comportamento in base alla quale saremo giudicati: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Mt 25, 35-36) … Essere santi non significa, pertanto, lustrarsi gli occhi in una presunta estasi. Diceva san Giovanni Paolo II che “se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi”».
Sembra non essere un caso che la festa di Ognissanti preceda di un giorno quella dei defunti e il motivo viene spiegato dal papa emerito Benedetto: «Per questo è molto significativo e appropriato che dopo la festa di Tutti i Santi la Liturgia ci faccia celebrare domani la Commemorazione di tutti i fedeli defunti.
La “comunione dei santi”, che professiamo nel Credo, è una realtà che si costruisce quaggiù, ma che si manifesterà pienamente quando noi vedremo Dio “così come egli è” (1Gv 3,2). È la realtà di una famiglia legata da profondi vincoli di spirituale solidarietà, che unisce i fedeli defunti a quanti sono pellegrini nel mondo. Un legame misterioso ma reale, alimentato dalla preghiera e dalla partecipazione al sacramento dell’Eucaristia. Nel Corpo mistico di Cristo le anime dei fedeli si incontrano superando la barriera della morte, pregano le une per le altre, realizzano nella carità un intimo scambio di doni» (Angelus 1 novembre 2005).
Redazione