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Prodigioso carisma comunicativo di Eustochia nell’ottenere grazie per chi chiede aiuto
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Le testimonianze di coloro che hanno ottenute grazie per l’intercessione di Santa Eustochia Smeralda – custodite dalle Clarisse del Monastero di Montevergine – mettono sempre in evidenza i segni caratteristici del prodigioso carisma comunicativo, oltre che taumaturgico, della grande mistica francescana.
Una delle principali contemplative del Novecento, che con la sua vita e le sue opere edificanti, improntate all’imitazione della Passione di Gesù Cristo, ha dato testimonianza concreta e portentosa dell’amore che Dio, attraverso coloro che si rendono docili strumenti della sua volontà di salvezza dell’umanità, trasfonde nel mondo.
Testimonianza che Eustochia continua a dare attraverso la presenza del monastero da lei fondato, presidio spirituale incrollabile della nostra città, in cui le clarisse sue seguaci continuano il mandato nello spirito donativo di claustrali, secondo l’autentica Regola delle Sorelle povere di Santa Chiara di Assisi.
Ma il benevolo intervento presso Dio offerto durante la vita a favore delle anime mediante la preghiera di intercessione, la Santa continua a concederlo ancora verso coloro che a lei chiedono aiuto nei momenti di particolare afflizione.
Lo fa in un modo sorprendente e amorevole, dando risposta diretta e percepibile a quanti si rivolgono a lei pregandola con fervore nelle situazioni di grave necessità. Sono manifestazioni di calorosa vicinanza con cui, ai benefici ottenuti per mezzo della sua potente intercessione, Eustochia è solita associare segni comunicativi straordinari. Fra cui anche quelli espressi sotto forma di particolari profumi di fiori. Ne è dimostrazione il fatto straordinario che viene riferito, con le lacrime agli occhi, dalla signora Concetta Cucurullo alle clarisse del monastero di Montevergine.
“Avendo avvertito un forte dolore con gonfiore al petto, mi rivolsi al mio medico che mi diagnosticò un vespaio di natura sospetta, con l’aggravante del mio essere un soggetto diabetico. Il chirurgo prima di assumersi la responsabilità dell’intervento, informò il mio figlio maggiore della gravità del caso. Era il 22 agosto, il monastero era in festa e io mi recai ai piedi della Beata pregandola con grande fede. Un’amica mi consegnò la bambagia che era stata a contatto del Corpo incorrotto e io subito l’applicai sulla parte più dolente.
Era calata la notte e mentre rinnovavo la mia preghiera ala Santa, sentii un forte profumo di rose fresche. Ebbi dunque l’intuizione che quello era un segno della Beata che rispondeva alla mia accorata richiesta. Il mattino seguente, di buon’ora, si presentò il medico preoccupato e spinto dalla gravità del caso, e quale non fu la sua sorpresa nel constatare, dopo la visita, che non vi era più bisogno di intervento alcuno perché tutto era rientrato e io mi avviavo alla guarigione”.
Redazione