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Politica e società, Bordignon (nuovo presidente Forum): La famiglia come investimento per il bene del Paese
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“Gli attacchi al matrimonio e alla famiglia si fanno ogni giorno più forti e radicali sia sul versante ideologico che sul fronte normativo. Il tentativo di ridurre la famiglia ad esperienza affettiva privata socialmente irrilevante; di confondere i diritti individuali con quelli propri del nucleo familiare costituito sul vincolo del matrimonio; di equiparare le convivenze alle unioni matrimoniali; di snaturare i processi naturali della generazione dei figli introducendo forme artificiali di procreazione, sono solo alcuni degli ambiti in cui è evidente il sovvertimento in atto nella società”. Sono i pensieri espressi da Papa Giovanni Paolo II in un celebre discorso fatto durante un forum delle associazioni familiari, che appaiono più che mai attuali”. “Ciò che viene presentato come progresso di civiltà o conquista scientifica, in molti casi è di fatto una sconfitta per la dignità umana e per la società”. “La famiglia non è solo il cuore della vita cristiana; essa è anche il fondamento della vita sociale e civile”.
Delle problematiche riguardanti questo travagliato settore della vita sociale, ne parla in una intervista al Sir il nuovo presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari Adriano Bordignon, quarantasei anni, di Treviso, sposato dal 2006 con Margherita, e tre figli. “Mi sono sempre interessato dell’ambito del sociale, sono stato presidente del Csv di Treviso, sempre impegnato nel Terzo settore e nell’associazionismo familiare, da due anni sono presidente del Forum del Veneto – racconta al Sir -. Con mia moglie mi sono sempre impegnato in questo settore perché riteniamo la famiglia un’esperienza esistenziale che segna nel bene e nel male.
“C’è un grande lavoro culturale da fare che riguarda la confusione che ha regnato attorno alla famiglia in tutti questi anni – spiega Adriano Bordignon – La nostra sfida è quella di tirare fuori le questioni della famiglia e della denatalità dal bazar della politichetta, dallo scontro ideologico, dalle visioni parziali e di parte”. Con il prossimo Consiglio direttivo, noi entriamo dentro una storia che parte da lontano e ha vissuto varie stagioni; entriamo e continuiamo questa storia con passione, orgoglio, andiamo avanti sui percorsi che sono stati segnati ma faremo anche cose nuove. La nostra sfida è quella di tirare fuori le questioni della famiglia e della denatalità dal bazar della politichetta, dallo scontro ideologico, dalle visioni parziali e di parte e farne invece un asset di investimento per il Paese.
Un asset strutturale attorno alla questione strutturale della denatalità che incide su tutti i settori di vita del Paese di oggi e di domani ma anche sui livelli di coesione sociale, di generatività non solo fisica, ma anche di idee, di produttività, di competitività, di crescita culturale del Paese. E questo lo si fa riconoscendo che la famiglia è un soggetto, non un mero aggregato di persone e come soggetto è portatore di diritti e di doveri, cioè di responsabilità e che non ha bisogno di elemosine, ha bisogno di essere “capacitata”, cioè messa nelle condizioni di fare al meglio tutto quello che sta nelle sue potenzialità.
Vengo da un lungo impegno sui territori, prosegue Bordignon, e posso dire che normalmente le politiche familiari sono considerate solo come l’ultimo vagoncino delle politiche sociali e confuse continuamente con le politiche di lotta alla povertà. I nostri assessori comunali e regionali riconoscono le famiglie solo come luogo della povertà economica, luogo della povertà educativa, invece la famiglia è la struttura del Paese. La maggior parte delle imprese, in Italia, sono di origine e di gestione familiare.
La solidarietà intergenerazionale, la solidarietà tra i componenti la famiglia è tra i più grandi ammortizzatori sociali che esiste in Italia, il primo, il più veloce, il più completo e quello che continua fino all’ultimo, ma allo stesso tempo, lo dice Papa Francesco, la famiglia è un laboratorio dove le persone si sperimentano a vivere nel mondo, a essere in relazione con gli altri, ad attivare dei processi di collaborazione che non siano meramente opportunistici.
Se noi non mettiamo le famiglie nella possibilità di svolgere queste funzioni, le famiglie iniziano a funzionare male e ne abbiamo delle evidenze: famiglie non supportate, non valorizzate, considerano che è troppo rischioso, troppo faticoso, troppo poco riconosciuto mettere al mondo dei figli. Famiglie che non sono nella condizione di coltivare quello che è loro proprio, naturale – il livello delle competenze educative e relazionali – rischiano di non trasmettere alle nuove generazioni una cultura della solidarietà, del lavoro, del rispetto. Ma non è una responsabilità delle nuove generazioni, è una responsabilità di un sistema che non permette alle famiglie di farlo. Questo è il quadro strutturale.
A livello politico dobbiamo rafforzare l’assegno unico, semplificarlo, far in modo che arrivino maggiori risorse. E dobbiamo approfittare di questo momento che, dopo l’approvazione del disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale, apre una fase di lavoro verso una riforma fiscale con l’auspicio che in Italia finalmente venga rispettato l’articolo 53 della Costituzione nella parte in cui prevede un’equità orizzontale e che quindi riconosca effettivamente i carichi familiari a livello di fiscalità, cosa che in Italia non funziona. C’è poi un lavoro determinante sulla qualità e sulla quantità del lavoro femminile, che incidono sulla qualità della vita delle famiglie e sulla natalità, e sull’anticipazione dei tempi delle scelte e dei progetti personali e di vita dei giovani che arrivano sempre troppo tardi e sono sempre troppo dentro canovacci labili.
Tutto ciò comporta non poche difficoltà a quell’esiguo numero di giovani che fa parte del corpo sociale italiano, mentre molti abbandonano alcune terre dell’Italia trasferendosi in altre e tanti altri lasciano l’Italia per andare all’estero. Questo è un tradimento che noi facciamo alle nuove generazioni. Inoltre, c’è una politica dell’abitare che va considerata, perché il lavoro e la casa sono due quadri essenziali per costruirsi una prospettiva di famiglia. Le famiglie hanno bisogno di sentirsi stimate, riconosciute, hanno bisogno che il fatto che loro decidano di stare insieme e di mettere al mondo dei figli sia un bene comune, non un fatto meramente privato.
Redazione da Ag. di inf.