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Teresa di Lisieux: la grande rivoluzione teologica, nel segno di un Dio accogliente e misericordioso
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Per coloro che privilegiano l’interesse per l’esperienza spirituale, con l’intento di percorrere il cammino interiore personale che conduce più direttamente al contatto con Dio, la pratica feconda esercitata dalle figure mistiche è molto proficua. Particolarmente attraente e importante è il richiamo che proviene dalla figura luminosa di Teresa di Gesù Bambino, la santa della Normandia conosciuta come Teresa di Lisieux. Un richiamo denso di tanta devozione reso ancora più attuale dall’Anno Giubilare in corso, indetto in onore del 150° della nascita, nel segno di una commemorazione che scorre su un duplice binario: uno di significato religioso e uno di valore culturale, posto sotto l’egida della comunità internazionale. L’anniversario della nascita della grande mistica carmelitana, infatti, è stato inserito fra quelli del biennio 2022-2023 sostenuti dall’Unesco. (Sir)
«Questa celebrazione contribuirà ad apportare una più grande visibilità e giustizia alle donne che hanno promosso, con le loro azioni, i valori della pace», è quanto si legge nella motivazione, avallata all’unanimità durante la Conferenza generale dell’Unesco del novembre 2021. E intanto, nel nostro presente, è motivo di riflessione che ci fa addentrare nell’intimità spirituale del mistero cristiano rappresentato dalla grandezza infinita di Dio che si manifesta nella piccolezza sapiente di un’anima mistica.
Il carisma vocazionale di Teresa spicca soprattutto nella sua opera chiamata anche “teologia della piccola via” o dell’infanzia spirituale, che fonda la pratica dell’amore per Dio non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani anche se apparentemente insignificanti. Ella stessa lo spiega nella sua autobiografia: “Non c’è che una cosa da fare: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici”. E ancora: “Io voglio insegnare i piccoli modi che mi sono riusciti”.
Così, il pensiero riflesso sulla fede acquista una tonalità che non si potrà mai più dimenticare. La giovane monaca non ha mai studiato teologia sui banchi delle Università ma ha sempre scrutato la Parola, ne è rimasta affascinata e si è posta in ascolto. Non ha timore della sua natura umana, così fragile come quella di ogni persona che, con grande fatica, si accetta e tenta di muoversi nel gioco della vita.
Teresa iniziò così la grande rivoluzione teologica che avrebbe segnato non solo il suo proprio esistere di donna consacrata monaca, ma quello della Chiesa e di quella dottrina che consegnò nei suoi scritti per i quali, oltre che per il suo esemplare esempio di santità, venne nominata Dottore della Chiesa. Rivoluzione che aveva il suo punto fermo in un Dio che era Padre sempre pronto ad accogliere, sempre pronto a perdonare; poggiava sulla confidenza, la certezza di essere cercati ed amati che prevalevano nel suo sentire il Buon Dio.
“A me Egli ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo ed adoro le altre perfezioni divine! Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, perfino la Giustizia (e forse più di ogni altra) mi sembra rivestita d’amore”. La teologia, cioè il pensiero riflesso sulla fede, acquista una tonalità che non potrà mai più dimenticare. La giovane monaca non ha mai studiato teologia sui banchi delle Università ma ha sempre scrutato la Parola, ne è rimasta affascinata e si è posta in ascolto.
Non ha timore della sua natura umana, così fragile come quella di ogni persona che, con grande fatica, si accetta e tenta di muoversi nel gioco della vita. Non viene assalita da sgomento e timore, tutto il registro muta: “Che dolce pensare che il Buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di che cosa dunque dovrei avere paura? Ah! Il Dio infinitamente giusto che si degnò di perdonare con tanta bontà tutte le colpe del figliol prodigo, non deve forse essere giusto verso di me che ‘sono sempre con Lui’?”.
Questo il preciso contesto in cui leggere e custodire l’Atto di offerta all’Amore misericordioso. Vi troviamo anche una parola che può far sussultare la “vittima” e far riaffiorare l’immagine truce del Dio vendicatore. L’olocausto è un soave profumo, un gesto di consegna amorosa, non un atto brutale: “Offerta di me stessa come vittima olocausto all’Amore misericordioso del buon Dio
“Mio Dio! Trinità beata, desidero amarvi e farvi amare, lavorare per la glorificazione della santa Chiesa, salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che sono nel purgatorio. Desidero compiere perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che m’avete preparato nel vostro regno. In una parola, desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e vi domando, o mio Dio, di essere voi stesso la mia santità. Poichè mi avete amata fino a darmi il vostro unico Figlio perchè fosse il mio salvatore e il mio sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti appartengono a me ed io ve li offro con gioia, supplicandovi di non guardare a me se non attraverso il volto di Gesù e nel suo cuore bruciante d’amore”.
Redazione da Ag. di inf.