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Celebrazione dell’Addolorata: Il più doloroso “fiat” di Maria fu quello del Calvario
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La commemorazione della Beata Vergine Addolorata, celebrata ieri, chiama fortemente a meditare su Maria nel suo immenso sacrificio, e a rivisitare quel momento decisivo della storia della salvezza. Ci spinge a rivivere e venerare intimamente la Mater dolorosa associata alla passione del figlio e vicina a lui, innalzato sulla croce, vincitore del peccato e della morte che ci mette davanti Maria, sua madre, affranta ai piedi del legno del supplizio. Egli “offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime e offrì se stesso quale vittima designata fin dall’eternità per la redenzione dell’uomo.
Maria fece lo stesso e obbedì come Abramo alla richiesta di sacrificare il figlio; e ai piedi della croce di Gesù fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio. Il suo più doloroso “fiat” fu quello del Calvario, dove rimase impietrita per le tre ore dell’agonia del figlio. Maternità che accanto alla Croce assume le dimensioni universali dello “Stabat mater”; “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore”.
Nell’ora suprema cui viene chiamata ha detto “Sì, Padre, perché così a Te è piaciuto”. Per questo è diventata la Corredentrice del genere umano, la nuova Eva, la madre di tutti i redenti. È qui il suo parto doloroso, che misticamente si prolunga fino alla fine dei tempi. Gesù crocifisso ci invita a ricevere Maria per madre. Beati quelli che fanno come Giovanni, il discepolo prediletto, che la prese con sé per sempre. Stolti quelli che la bestemmiano, la ignorano, la escludono dalla loro vita: come potranno piacere a Gesù? E se Gesù non li prende, come si presenteranno al Padre dei cieli?
Fra i tanti titoli e celebrazioni mariane, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata. Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.
I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, si sono rivolte a lei per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita. Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.
Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.
Ma Maria è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente in silenzio ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità. E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passati alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.
Oggi il volto dell’Addolorata è il volto di tutta l’umanità. Attraverso quello che sta avvenendo alle soglie dell’Europa dell’Est si riversa su di noi tutto ciò che l’umanità sta soffrendo nelle tante guerre che la insanguinano e la lacerano. Si aprono anche le fessure del passato da cui non ci siamo lasciati ammaestrare peggiorando tale male della guerra.
Eppure i tratti di dolore portati dall’immagine di Maria Addolorata sono già una guarigione promessa e seminata. Nel suo cuore amante già vi sono i germogli di una generazione nuova. Dio non può lasciare l’umanità in un destino di morte, infatti la sua parola con cui ci chiama alla vita è sempre una parola creatrice. Ed essa apre una strada nuova: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».
Il cuore materno di Maria è già irrorato di tale “cosa nuova” che germoglia. Il suo cuore non si arresta trafitto di morte, ma diventa un grembo che si apre e genera: la novità generata hai i tratti esili e teneri della misericordia, di un amore che non lascia nulla perduto, che giunge a lenire e sanare ogni ferita, che libera da ogni vincolo e da ogni condanna.
Redazione da Ag. di inf.