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Percorso penitenziale di Quaresima, nel segno della spiritualità di san Gabriele dell’Addolorata
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Il santo, al secolo Francesco Possenti, si fece passionista dopo che, durante la processione della «Santissima icona» del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856 sentì la voce interiore della Madonna che lo invitava a lasciare la vita della sua famiglia per farsi religioso passionista. La decisione della sua scelta la esprimeva con fermezza: «Voglio fare solo la volontà di Dio, non la mia. Possa essere sempre fatta l’adorabile, amabile, più perfetta volontà di Dio». Così ripeteva san Gabriele dell’Addolorata, nato ad Assisi il 1° marzo 1838 e morto a l’Isola del Gran Sasso d’Italia il 27 febbraio 1862; la sua festività ricorre il 27 febbraio, secondo il nuovo calendario, mentre il 28 febbraio detta quello tradizionale.
Francesco prese i voti nella congregazione della Passione di Gesù Cristo, che ha per emblema un cuore sul nero, bordato d’argento e sormontato da una croce patente d’argento e nel campo l’iscrizione: JESU XPI PASSIO; in punta i tre chiodi della crocifissione. Assunse il nome di Gabriele dell’Addolorata, in quanto molto devoto della Madonna Addolorata, fin da bambino, grazie ad una statuetta della Pietà che sua madre conservava in casa.
La spiritualità del santo umbro, scomparso a soli 24 anni, è molto indicata per il tempo di Quaresima che stiamo vivendo. Al termine del noviziato pronunciò il voto tipico dei passionisti: diffondere la devozione al Cristo Crocifisso e in seguito anche alla Vergine Addolorata. Il suo epistolario e le sue pagine di spiritualità riflettono la sua intensa relazione con Nostro Signore e la Vergine Maria. In particolare, nelle Risoluzioni descrive in dettaglio la via seguita per raggiungere l’unità con la Passione di Gesù Cristo e i dolori di Maria.
Meditare la Passione, compiere fioretti e rinunce, digiunare, dedicare del tempo alla preghiera, alla lettura del Vangelo, di libri della spiritualità tradizionale, di sante vite edificanti, sarebbe un buon aiuto per vivere più seriamente la Quaresima perché san Gabriele dell’Addolorata era convinto che: «la via del paradiso è stretta. E la conversione è imprescindibile per chi vive la fede e vuole salvarsi”.
La scorsa domenica, la seconda di Quaresima, don Alberto Secci, nella chiesa di santa Caterina a Vocogno, in Val Vigezzo (VB), ispirandosi alla spiritualià di S. Gabriele, ha detto nell’omelia: «Siamo a un quarto di questo cammino e allora deve suonare già il campanello di allarme… Cosa abbiamo iniziato a fare di questa Quaresima, è cambiato qualcosa nella nostra vita? O è tutto come prima? È un gioco liturgico spirituale o è qualcosa di reale. Bisogna domandare la Grazia, bisogna, sotto lo sguardo di Dio, raccogliere la volontà e soprattutto bisogna decidere con adesione e intelligenza. Non buttiamo via il tempo favorevole della Grazia.
La Quaresima va vissuta compiendo la volontà di Dio e non la nostra, sull’esempio di san Gabriele dell’Addolorata, che orgogliosamente portava sulla sua veste, ribadiamolo, il cuore bianco sormontato dalla croce, con la scritta JESU XPI PASSIO (Passione di Gesù Cristo), che ricorda a tutti il mandato di san Paolo della Croce: «Ci dedichiamo a fare memoria delle sofferenze di Gesù e a promuovere, nei cuori della gente, una vera spiritualità della passione».
La fede è una realtà che richiede intelligenza, conoscenza, sguardo soprannaturale. Diceva san Gabriele dell’Addolorata: «Vi prego e vi scongiuro a non riguardare tanto i guadagni terreni quanto quelli dell’anima, poiché “che cosa giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la usa anima?”. Una sola è la cosa di cui c’è bisogno» (Lettera 22).
L’unica ragione per cui Cristo ha sparso il suo sangue nella flagellazione, sulla strada del Monte Calvario e sulla Croce è stata per redimere i peccati di ciascun uomo convertito. La conversione non è un optional per il fedele, ma l’atto indispensabile per cambiare vita, rinascere (Gv 3, 3-10), grazie al Sacrificio di Cristo e ai sacramenti, nello Spirito Santo, secondo i comandamenti e le beatitudini. Tutto il resto è inganno. Le mode di pensiero, di usi e costumi mondani cambiano, le leggi dell’Onnipotente Eterno mai.