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Libano nella morsa della guerra. La Chiesa italiana, da anni, accanto alla popolazione locale
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Il Libano, già duramente provato da cinque anni di crisi finanziaria e paralisi istituzionale, è ancora una volta teatro di guerra. Dopo il conflitto del 1982 e quello del 2006, da cui è uscito in ginocchio, il Paese si trova di nuovo al centro di bombardamenti e operazioni militari che hanno causato finora più di 1200 morti e centinaia di migliaia di sfollati. (SIR)
La guerra a Gaza e l’escalation del conflitto con Israele con incursioni anche via terra continuano a ferire il Libano, un Paese già provato da cinque anni di crisi economico-finanziaria e da una paralisi istituzionale e a preoccupare fortemente la comunità internazionale, coinvolgendo tutto il Medio Oriente e la Penisola Araba, con il rischio di un ampliamento del conflitto. La recrudescenza degli scontri ha già causato altre centinaia di morti e centinaia di migliaia di persone continuano a fuggire dal Paese o a spostarsi al suo interno. In questo momento il Libano – come ha sottolineato Papa Francesco all’Angelus di domenica 29 settembre 2024 – “è un messaggio martoriato, e questa guerra ha effetti devastanti sulla popolazione: tante, troppe persone continuano a morire giorno dopo giorno”.
In un Medio Oriente sempre più in fiamme, c’è bisogno dell’impegno deciso della diplomazia e della comunità internazionale, ma anche di un impegno educativo e solidale nella quotidianità con iniziative concrete nel segno del dialogo, per aiutare la popolazione libanese a rialzarsi e mantenere sempre accesa la speranza di tornare ad essere un progetto di pace.
Proprio questo è l’obiettivo del dossier “Libano: nel buio della notte” che dopo una panoramica sulla situazione del Paese cerca di mettere a fuoco la missione e l’impegno della Chiesa locale e la vicinanza della Chiesa italiana. La Conferenza episcopale italiana dal 1991 ha finanziato 143 progetti in Libano. Con quasi 34 milioni di euro provenienti dai fondi 8×1000 sono stati sostenuti interventi in diversi settori, inclusi aiuti d’urgenza. Per quest’ultima emergenza ha messo a disposizione un ulteriore milione di euro. Fondamentale l’apporto dei volontari, tra cui i tanti giovani dell’Emergency Response Unit di Caritas Libano, intervenuti sia in seguito alla terribile esplosione nel porto di Beirut dell’agosto del 2020, sia dopo il terremoto del 6 febbraio del 2023.
Sono riportati a titolo di esempio alcuni progetti realizzati grazie al sostegno Cei a Caritas, altre realtà ecclesiali e organismi impegnati quotidianamente accanto alla popolazione. Come e e il Vides che portano avanti progetti di educazione alla pace e per la riaffermazione dei diritti e grazie a questi fondi hanno potuto promuovere dialogo e formazione per circa 100 giovani dai 14 ai 25 anni di cui il 60% donne e 75 professionisti, tra educatori, Figlie di Maria Ausiliatrictori che hanno realizzato laboratori socio-culturali e di socializzazione e cittadinanza attiva per 60 giovani. O come la cooperativa sociale Armadilla che è riuscita ad avviare un laboratorio per la produzione di pane e pasta, ha distribuito pasti a 3.448 persone, ha fornito formazione e assistenza tecnica a 2.800 persone, ha consegnato sementi e utensili agricoli in 10 aree rurali e garantito supporto psicologico a 375 famiglie.
Anche l’Avsi (Associazione volontari per il servizio internazionale), grazie ai fondi messi a disposizione dalla Cei, sta portando avanti un progetto per rafforzare l’istruzione primaria per i bambini libanesi vulnerabili e rifugiati siriani. Sono stati formati 10 insegnanti e sei coordinatori in 4 scuole, attivando così una formazione a cascata per 90 insegnanti. Più di 1.200 bambini ne beneficeranno. Nel dossier si parla anche del gemellaggio solidale con il Libano avviato nel 2022 dalla Comunità del diaconato in Italia e dell’impegno dei Salesiani accanto ai giovani e alle loro famiglie.
L’auspicio è che possano essere anche lievito, fermento, seme che anima e aiuta a costruire, ricostruire, reimpostare le relazioni, promuovendo una cultura dell’incontro e della carità, dando vita a processi e percorsi di promozione della pace. Nello stesso tempo la speranza è che il coro di chi grida “Fermate la guerra! Fermate le guerre!” sia sempre più ampio e riesca a scuotere le coscienze e indirizzare le scelte.
“Le Chiese in Italia – afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei – si uniscono al grido del Santo Padre per esprimere ai fratelli e alle sorelle del Libano e di tutto il Medio Oriente vicinanza e solidarietà: siamo con voi! Mentre continuiamo a invocare il dono della pace, ci rivolgiamo a quanti hanno responsabilità politiche affinché tacciano le armi e si imbocchi la via del dialogo e della diplomazia. Al contempo, ci facciamo prossimi concretamente a quanti vivono sulla propria pelle il dramma della guerra e della violenza”.