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S. Teresa d’Avila, mistica carmelitana totalmente rivolta all’incontro immediato con Dio
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Il mondo affascinante dell’esperienza contemplativa cristiana femminile, viene richiamato intensamente dalla ricorrenza della memoria liturgica con cui si onora S. Teresa d’Avila. Un momento celebrativo forte che ci immette nel vissuto di una delle più grandi mistiche, ascesa al sommo della gloria mondiale per il fulgore della sua santità. Donna di grande energia spirituale e di eccezionali doti intellettuali e umane, espresse in varie forme: tutte però convogliate, con profonda sapienza naturale e ispirata, a favore di un incontro immediato con la Divinità.
Fu la prima donna a divenire Dottore della Chiesa. Titolo che fu il riconoscimento del “prezioso insegnamento che Dio ci ha trasmesso attraverso i suoi scritti”. Così ebbe a scrivere, a suo tempo, Papa Francesco al vescovo di Ávila in occasione dei 50 anni dal conferimento del Dottorato alla grande Santa. Un’anima che “ha saputo intuire le ragioni del cuore e dare parola al sentire interiore” soprattutto con l’Autobiografia o Libro della vita.
Teresa de Cepeda y Ahumeda nacque ad Avila nel 1515, da una famiglia borghese, sesta di nove figli. Donna forte, sensibile ed entusiasta che si lasciò esaltare, ancora bambina, dalla vita dei martiri fino al desiderio del martirio a cui pensò di andare incontro con la sua fuga da casa. A vent’anni decise di farsi monaca nel Carmelo dell’Incarnazione di Avila dove rimase ventisette anni. Si dedicò, con fervore, a riformare l’Ordine dei Carmelitani, dando origine all’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Scrisse numerose opere mediante le quali spiegò sia le basi della sua dottrina di origine mistica e spirituale, sia tracciando gli ideali della sua riforma.
Nell’agosto del 1562 Teresa d’Ávila fondò il suo primo Monastero, dedicandolo a San Giuseppe, che divenne la prima sede delle monache carmelitane scalze. Qui le religiose vivevano secondo i principi degli antichi monaci del Monte Carmelo ed in totale clausura. Fino al 1582, Santa Teresa d’Ávila continuò a fondare altri monasteri su tutto il territorio spagnolo.
A distanza di cinque secoli, “la fiamma che Gesù ha acceso in Teresa continua a brillare in questo mondo sempre più bisognoso di testimoni coraggiosi, capaci di abbattere qualsiasi muro, sia esso fisico, esistenziale o culturale”. La Santa d’Ávila parla ancora oggi grazie ai suoi scritti; il suo messaggio e il suo esempio sono per tutti, ha detto Francesco, “per chi sente la chiamata alla vita religiosa”, ma anche “per tutti coloro che desiderano progredire sulla via della purificazione da ogni mondanità, che porta all’unione, alle alte dimore del ‘castello interiore’”, come chiamava Teresa la condizione dell’anima abitata da “Sua Maestà”, il Signore. Una realtà esistenziale che nella vita della santa d’Avila ha avuto un posto di grande rilievo: quale cammino verso l’Assoluto da parte di un’anima che “ha saputo intuire le ragioni del cuore e dare parola al sentire interiore”.
Nonostante la sua malferma salute fisica, spinta dal fuoco interiore che la divorava, seppe superare ogni difficoltà interna ed esterna all’Ordine, portando avanti non solo la riforma dei monasteri femminili, ma anche quella del ramo maschile. In uno dei suoi molteplici viaggi, intrapresi per fondare in Spagna nuovi monasteri, incontrò un giovane sacerdote, Giovanni Mattia, che divenne il primo carmelitano scalzo dell’Ordine riformato, col nome di Giovanni della Croce. Fu suo direttore spirituale e suo grande collaboratore e, alla scuola di Teresa, divenne il grande mistico che tutti conosciamo.
Tra i doni mistici che caratterizzarono la sua vita di religiosa contemplativa, ci furono i fenomeni delle stigmate, dell’odore di santità e soprattutto l’esperienza della levitazione. E’ la stessa santa che, nell’autobiografia, parla di quest’ultima manifestazione che avveniva nel corso dei suoi prodigiosi “rapimenti”.
In un capitolo del suo libro si legge: “Durante questi rapimenti, sembra che l’anima non sia più nel corpo, tanto che questo, sensibilmente, sente che viene a mancare il calore naturale e a poco a poco si raffredda, anche se con grandissima soavità e diletto. Qui non c’è alcun rimedio per resistere (….) anzi spesso, prevenendo ogni pensiero e ogni possibile cooperazione, viene un impeto tanto rapido e forte che vedete e sentite sollevarsi questa nube, e questa potente aquila prendervi sulle ali”.
lasciò ai posteri numerosi scritti tra cui Il libro della vita, il Cammino di perfezione, I pensieri sull’amore di Dio e il Castello interiore, che le valsero il titolo di dottore della Chiesa, conferitole da Paolo VI nel 1970. Morì ad Alba de Tormes il 15 ottobre 1582.
Redazione da ss. di inf.