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La Santa Sede dopo l’elezione di Trump, l’augurio del Segretario di Stato Parolin
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La prima reazione della Santa Sede alla notizia della elezione di Donald Trump a 47mo presidente è stata fornita dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. Parolin ha parlato a margine del convegno della Gregoriana #TheSpiritofGeneva: The impact of AI in International Humanitarian Law il 6 novembre. Interpellato dai giornalisti, il cardinale ha detto di augurare al presidente Trump “tanta saggezza, perché questa è la virtù principale dei governanti secondo la Bibbia”. (AciSt.)
In una chiosa personale, Parolin ha sottolineato che Trump “deve lavorare soprattutto per essere il presidente di tutto il Paese, quindi superare la polarizzazione che si è verificata, che si è avvertita in maniera molto netta in questo tempo”, e ha auspicato che il presidente “possa essere un elemento di distensione e pacificazione degli attuali conflitti che stanno sanguinando il mondo”.
Il Segretario di Stato vaticano ha anche auspicato che Trump dia seguito alla sua promessa di non iniziare le guerre, ma di fermarle, ma ha chiosato che “neppure lui ha la bacchetta magica”, e che “per terminare le guerre ci vuole tanta umiltà, tanta disponibilità, ci vuole davvero la ricerca degli interessi generali dell’umanità, piuttosto che concentrarsi su interessi particolari. Io me lo auguro”.
Il Cardinale ha anche detto di valutare con prudenza le possibilità di pace, di non voler commentare le paure di ucraini e palestinesi che la pace sarà fatta a loro spese, e invece chiede di vedere prima “cosa Trump proporrà dopo che si sarà insediato”.
Parolin è stato invece più netto nel commentare la promessa elettorale di Trump che quattro settimane fa, ad Aurora (Colorado) aveva evocato il ricorso all’Alien Enemies Act del 1798 promettendo “la più grande deportazione di massa di immigrati illegali latino americani”. La posizione del Papa e della Santa Sede – ha detto il Segretario di Stato – “è molto chiara in questo senso”, e che le indicazioni date dal Papa sono probabilmente “l’unica maniera per affrontare il problema e risolverlo in maniera umana”.
L’amministrazione Trump e la Santa Sede sono invece più vicini su temi come la difesa della vita e la condanna all’aborto, “temi importanti” sui quali “mettere in atto una politica comune” che “cerchi di unire i consensi” e che non diventi “una politica ancora una volta di polarizzazione e divisione”, con la speranza che il tema della difesa della vita possa “allargare il consenso”.
I rapporti tra Santa Sede e Stati Uniti – assicura il Cardinale Parolin – non cambieranno, anche perché “come sempre ci sono elementi che ci avvicinano ed elementi che forse ci differenziano, che ci distanziano” e “sarà questa l’occasione per esercitare il dialogo e per cercare di trovare insieme nuovi punti di consenso, sempre in beneficio del bene comune e della pace nel mondo”.
L’amministrazione Trump, nel 2020, aveva fortemente criticato l’accordo della Santa Sede con la Cina. L’ultimo impegno a Roma del segretario di Stato USA Mike Pompeo era stato per un convegno sulla libertà religiosa organizzato a Roma in cui sia Pompeo che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro” vaticano per i Rapporti con gli Stati, avevano tenuto un discorso.
Nei giorni precedenti l’incontro, Pompeo aveva scritto un articolo su First Things mettendo in luce il problema delle violazioni della libertà religiosa in Cina, e Gallagher, nel suo intervento, aveva sottolineato che “non è una sorpresa che la libertà religiosa sia una delle principali preoccupazioni della Santa Sede”, ma aveva aperto anche sul fatto che le violazioni della libertà religiosa vengono anche in maniera subdola.
Redazione da Ag. di inf.