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L’ultimo viaggio di Papa Francesco, che nel suo testamento ha espresso la volontà di essere sepolto in un luogo diverso dalla basilica vaticana, in assonanza col suo definirsi sin dall’inizio “Vescovo di Roma”, è stato da San Pietro a Santa Maria Maggiore, a bordo di un carro funebre, una ex papamobile già usata e riadattata in modo tale da poter essere aperta e visibile lungo tutto il tragitto dalla Porta del Perugino al luogo della sepoltura, il Pontefice ha ricevuto dalla sua Roma – oggi più che mai “caput mundi” – un abbraccio infinito che dagli oltre 250mila fedeli presenti ai funerali si è dilatato da piazza San Pietro in tutti i luoghi più simbolici del centro storico, durante tutto il corteo a passo d’uomo. (Sir)
Tutti coloro che fin dalle prime ore del mattino si sono accalcati lungo le transenne hanno potuto così salutare il primo papa argentino della storia. L’inizio e la fine del pontificato si richiamano a vicenda, allo stesso modo in cui la presenza dell’icona della Madonna Salus Populi, in copia in piazza San Pietro e in originale a Santa Maria Maggiore, ha unito idealmente il funerale in piazza e la tumulazione nella Basilica Liberiana, dove il feretro di Papa Francesco è stato accolto da circa 40 poveri scelti dalla Caritas.
Tra i momenti più commoventi del rito funebre, quello avvenuto prima e dopo l’aspersione della bara con l’acqua benedetta: anche durante il funerale di Bergoglio, come era già avvenuto vent’anni fa durante il funerale di Giovanni Paolo II, il vento ha aperto e fatto sfogliare le pagine del Vangelo collocato, come di prassi, sopra la bara del Pontefice defunto.
“È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti”. Questo, in sintesi, il ritratto di Papa Francesco, nelle parole pronunciate dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, durante l’omelia per i funerali in piazza San Pietro, scandita dagli applausi soprattutto nei riferimenti ai migranti, ai poveri, alla pace. Il primato dell’evangelizzazione, per il cardinale, è stato la guida del suo pontificato, “misericordia e gioia del Vangelo” le due parole chiave dei dodici anni di Bergoglio sul soglio di Pietro, che “in contrasto con quella che ha definito la cultura dello scarto, ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà”.
“Filo conduttore della sua missione è stata la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte”, ha sottolineato Re: “Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come ospedale da campo dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti. Una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite”. “Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi”, l’omaggio del porporato: “Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri”.
Poi la rassegna dei 47 viaggi apostolici, a cominciare da Lampedusa, passando per Lesbo, fino alla messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico. Secondo Re, “resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq nel 2021, “compiuto sfidando ogni rischio” per portare “un balsamo sulle ferite aperte della popolazione irachena, che tanto aveva sofferto per l’opera disumana dell’Isis”. Con la visita apostolica del 2024 a quattro nazioni dell’Asia-Oceania, infine, il Papa ha raggiunto “la periferia più periferica del mondo”.
“Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti”, ha affermato Re, citando la Fratelli tutti, il Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana e la Laudato sì, dove “ha richiamato l’attenzione sui doveri e sulla corresponsabilità nei riguardi della casa comune”.
“Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni”, Bergoglio infine “ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.
“La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”, uno dei leit-motiv del pontificato, insieme all’esortazione a “costruire ponti e non muri”. Poi l’invocazione finale: “Caro Papa Francesco, ora ti chiediamo di pregare per noi e che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.
Redazione da Ag. di inf.