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Quale il ruolo dei cattolici nel mondo di oggi? E di quali profeti c’è particolare bisogno ai nostri giorni?
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In una società pluralista, multiculturale e multietnica come la nostra, che mostra segni di notevole decadenza, in cui vengono meno punti cardine della stabilità sociale e politica, assumono particolare importanza le tematiche costruttive di carattere profetico, che possano, cioè, gettare luce propiziatrice di speranza sia sul presente che sul futuro.
Una tale problematica viene sottolineata spesso, con preoccupazione pastorale, da autorevoli personaggi della Gerarchia cattolica, i quali guardano alla profezia quale promotrice di speranza, in quanto dono carismatico che favorisce l’edificazione della comunità civile. Pertanto viene spontaneo chiedersi di quali profeti c’è particolare bisogno ai nostri giorni, perché siano “lievito” fecondo di fede cristiana operativa, in grado di propiziare un’efficace trasformazione della nostra vita, non soltanto di quella interiore, ma anche e soprattutto di quella sociopolitica che è presupposto culturale necessario per la realizzazione del benessere comune.
A tale proposito, tenendo presente che i cristiani vivono in contesti sociopolitici diversi, ed essendosi dimostrate fallaci tutte le ideologie che proponevano soluzioni in tal senso promettenti, il modello culturale che promana dal messaggio evangelico, fondato su carità fattiva, fraternità, solidarietà, responsabilità, rimane l’unico in grado di promuovere possibilità di risposte efficaci alle diverse e specifiche esigenze delle varie realtà sociali esistenti.
Sotto questo aspetto, dunque, sorge l’esigenza di riflettere su quale deve essere il ruolo dei cattolici nella società in cui viviamo, ponendo attenzione sul fatto pragmatico che i cristiani vivono in contesti sociopolitici diversi. Per cui si pone l’interrogativo: come valutano, essi, il rapporto esistente fra la loro fede in Dio e il loro impegno nel tipo di società in cui si trovano? E, di conseguenza, quali motivazioni e princìpi il Vangelo offre al credente per contribuire validamente alla vita politica e sociale nel suo territorio? I punti cruciali su cui si impernia la possibilità di dare risposte valide a questi interrogativi non sono certo facili da sviscerare. Se ne possono sviluppare gli elementi chiave solo attraverso un’analisi approfondita; ma intanto, in prospettiva, ci soccorrono i canoni fondati sulla Sacra Scrittura, la Tradizione e la legge morale naturale; interpretati, guardando al mondo di oggi, secondo gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, seguendo le indicazioni in riferimento ai problemi sociali del nostro tempo.
Sotto questo profilo, il suggerimento di Giovanni Paolo II ci ricorda che al centro della nostra vita c’è il fatto centrale che l’uomo è stato elevato da Dio a custode della Creazione e dell’Umanità; e che nel suo impegno quotidiano deve sempre esserci la difesa della vita, della natura, in ogni sua forma espressiva. Per cui “i cristiani devono saper costruire una rete di sapere, di cultura, di riflessione e attivismo se vogliono essere veramente testimoni e promotori dei valori che portano al rispetto e alla tutela di tutto ciò che li circonda”. In modo così da assecondare l’invito evangelico ad agire da “lievito” fecondo di fede cristiana operativa, in grado di propiziare un’efficace trasformazione della loro vita, non soltanto di quella interiore, ma anche, e soprattutto, di quella sociopolitica che è presupposto culturale e profetico fondamentale per il miglioramento del modo di vivere di tutti.
In questa dinamica evangelica di grande espansione partecipativa dello spirito profetico, “l’uomo, nonostante la sua insufficienza e fragilità, riceve dalla creazione e redenzione, il mandato di responsabilità per la costruzione della polis, della città in cui vive, e per promuovere l’umanizzazione e la qualità della convivenza”. Da tener presente inoltre – come ci ricordano i Maestri di spiritualità – che la centralità della profezia non sta tanto nella parola, quanto nella pratica dell’amore fattivo. Dunque, “le valide convinzioni che i cristiani nutrono in base alla loro visione del mondo e dell’essere umano, non vanno per nulla relegate nell’intimo o nel privato, ma devono essere evidenziate e, soprattutto, proposte all’attuazione nello spazio pubblico: sociale e politico”. Tutto ciò in concordanza con messaggi profetici, come quelli espressi da Papa Wojtyla e Papa Francesco, che, in sintesi, ci sollecitano ad “essere stimolo proficuo a ben operare per gli amministratori della cosa pubblica e così concorrere al miglioramento delle funzioni socio-politiche e del benessere comune”.
Un richiamo, in tal senso, ci viene anche dal cardinale Angelo Bagnasco quando ci dice che “Noi tutti, come Chiesa e come credenti, siamo chiamati al grande compito di servire il bene comune della civitas italiana, specialmente in un momento di grave crisi come quella che stiamo vivendo.” Egli inoltre sottolinea l’importanza che ha la ricerca di “forme adeguate di un comune sentire da parte di associazioni, gruppi e movimenti. Che, pur con finalità differenti, per il bene del Paese, e di ogni località, dovrebbero trovare modalità di coordinamento e iniziativa comune, in modo da avere una soggettività che sappia proporre percorsi di buona politica”.
Anastasio Majolino