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Camaro, antico e popoloso rione di Messina: origini, significati linguistici e tradizioni. La venerazione di San Giacomo Apostolo
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Ecco un’altra dotta ricerca su origini, toponomastica, significati e radici religiose legate a un Santo e grande Apostolo, riferite a un antico rione messinese. Tutte interessanti annotazioni che fanno cogliere il forte senso di appartenenza che collega un quartiere periferico al centro cittadino, concorrendo a formare e consolidare l’identità culturale della città, specialmente riguardo al suo prezioso patrimonio spirituale.
Camaro (in dialetto messinese: I Cammari) è un torrente, che nasce dai monti Peloritani, e un rione di Messina, che si divide in Camaro Superiore e Camaro Inferiore; è un toponimo di antica attestazione: ‹‹Cammari lat. Camaris…Tra la porta e il Municipio è la fiumara di Camari, o un fiumicello le di cui acque deduconsi alla città sin dal 1547›› Amico (1855-56). Il nome deriva dall’arabo hammar ‘asinaio’, ‘colui che guida i muli’.
Nell’antichità probabilmente era zona di mulattieri. Alcuni ritengono che derivi dal greco kàmmaros ‘tipo di pianta, aconito’, ma è improbabile, sia per l’accento, che in greco è diverso, sia per la forma antica e quella dialettale, al plurale, Cammari, che fa propendere per ‘i mulattieri’ (stesso significato di Bordonaro, che fra l’altro è a poca distanza da Camaro, e deriva dal greco burdonàrios ‘asinaio’).
Il patrono di Camaro Superiore, a cui i cammaroti sono molto devoti, è ‘San Giacomo Apostolo’, detto il Maggiore, martire a Gerusalemme intorno all’anno 44.
Il culto di questo Santo, a Messina, risale ad epoca normanna, intorno all’XI-XII secolo, quando fu probabilmente costruita la Chiesa di San Giacomo. Dell’antica Chiesa, situata dietro al Duomo, che era stata fortemente danneggiata dal terremoto del 1783, sono stati trovati dei resti, in seguito a degli scavi relativamente recenti, vicino all’attuale Largo San Giacomo.
Il Santo è noto anche con il soprannome di Ammazzamori (Santiago El Matamoros, da “Sant’Yago”, forma arcaica spagnola di ‘Giacomo’), spesso raffigurato su un cavallo, mentre calpesta i corpi dei musulmani sconfitti, grazie a un suo miracolo, secondo la leggenda, in Spagna. San Giacomo è il patrono della Spagna e della Galizia, al cui capoluogo, ‘Santiago de Campostela’, ha dato il nome, perché, secondo la tradizione, alcuni discepoli, dopo la decapitazione del Santo a Gerusalemme, ne portarono le sacre spoglie lì dove poi fu costruito il Santuario, sin dal Medioevo meta di continui pellegrinaggi da fedeli di tutto il mondo.
La fede nel Santo a Messina si rinforzò con la dominazione degli Spagnoli; intorno al 1550, fu costituita la ‘Confraternita di S. Giacomo Apostolo il Maggiore’, ancora oggi, a Camaro, importante punto di riferimento del culto e della grande devozione verso il loro Patrono. Interessante anche il Museo, voluto e ideato da Padre Antonino Cento, parroco della Chiesa di Santa Maria Incoronata (XVI sec.) a Camaro Superiore, che contiene preziosi arredi sacri ed ex voto ( XVII – inizio XX secolo).
Ogni anno, a fine luglio, si svolge a Messina la processione del Ferculum del Santo ( parola latina, che significa ‘carretta’, dove si mettevano le statue degli dei, portate in processione), realizzato nel 1666 dai fratelli Juvarra, noti argentieri messinesi. La processione parte dalla parrocchia di Camaro, in direzione del Duomo.
Il ‘Fercolo’ viene portato a spalla dai fedeli, con la classica andatura ondeggiante detta ‘a nnacata’, insieme ai devoti della ‘Confraternita di San Giacomo’. Durante la sosta in Piazza Duomo, si svolge l’emozionante rituale dei bambini piccoli fatti passare sotto il ‘Fercolo’ per ottenere la protezione del Santo. Dopo la Messa in Cattedrale viene posto sul Ferculum il ‘Sacro Capello della Madonna della Lettera’, portata in processione nelle strade intorno al Duomo per poi farvi ritorno, riprendendo la statua del Santo per riportarla a Camaro. Caratteristico è il rientro, a tutta velocità, nella Chiesa di Camaro, quasi a simulare un modo di scappare a un tentativo di furto avvenuto nel Settecento.
Accanto alla tradizione religiosa, c’è anche quella legata alle leggende popolari, che vedono Camaro al centro delle vicende di Mata e Grifone, i due leggendari giganti, fondatori della città di Messina (il quartiere di Camaro si è chiamato anche di ‘Mata e Grifone’, e a Messina c’è anche una nuova via ‘Mata e Grifone’). Secondo la tradizione, proprio a Camaro era nata Mata (nome dialettale di Marta), figlia di re Cosimo II da Castelluccio; durante la dominazione araba, intorno al 970, un gigantesco invasore moro di nome Hassas Ibn-Hammar, sbarcò a Messina per saccheggiarla, ma quando vide la bella ‘cammarota’, se ne innamorò e la rapì.
Ma la fanciulla acconsentì al suo amore, solo dopo la sua conversione alla fede cristiana. Egli cambiò il nome in Grifone, si sposarono ed ebbero parecchi figli, secondo la leggenda, i capostipiti dei messinesi. Ancora oggi, a Messina, u Giganti e a Gigantissa, due enormi statue di cartapesta su due cavalli, poco prima di Ferragosto, vengono portati in giro per la città fra danze e canti folcloristici. I giganti sono stati identificati con vari personaggi mitologici, Kronos e Rea, Zanclo e Rea, Cam e Rea: da questi ultimi in particolare si vorrebbe trarre l’origine del nome Camaro. Ma anche questa è una leggenda, in quanto l’etimologia di Camaro, come si è visto sopra, è ben diversa.
Lucia Abbate