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Sorprendente paradosso del Natale 2017: lo sdegnato rimprovero del filosofo non credente a cattolici e laici
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Sappiamo che Il Cristianesimo è la religione dei paradossi; lo conferma il capovolgimento di fronte che rende le verità evangeliche in netta contraddizione rispetto a quelle in cui il mondo comunemente crede. Basterebbe pensare alle sconcertanti “beatitudini” del discorso della montagna; ma anche il Natale ce ne dà buona dimostrazione: Dio onnipotente che si fa bambino impotente, che nasce in una stalla e non in luogo sacro, in un umile paesino decentrato anziché in un luogo importante, che si fa figlio di poveri anziché di ricchi e annuncia la nascita agli incolti pastori invece che ai maggiorenti del posto. E si potrebbe continuare così a lungo.
Ebbene, come se non bastasse, il Natale, da poco celebrato, si è arricchito di un altro strano e imprevedibile paradosso; di natura diversa però: di segno bizzarro e intellettualistico, tale da suscitare sorpresa ma anche non pochi motivi di condivisione.
Fautore di questo evento straordinario è Massimo Cacciari; personaggio molto noto, filosofo e politico di sinistra, famoso per la stringente logica del suo acuto pensiero, ma anche per la franchezza e la foga con cui spesso rivolge le sue reprimende a chi giudica colpevole di incongruenze imperdonabili.
Ed ecco il pezzo forte del suo sdegnato rimprovero natalizio: “l’indifferenza avvolge cattolici e laici, non hanno presente il significato sconvolgente della festa”. Cui fa seguito una serie crescente di sgridate ai cattolici di oggi, compresi i laici, pronunciate con irritata veemenza – raccolte in un interessante intervista da Stefano Zurlo – in un contesto di polemiche sul susseguirsi di numerosi episodi di cronaca.
Fatti riguardanti comportamenti tesi a limitare, sminuire, se non addirittura a eliminare certi simbolismi natalizi per discutibili motivi. La comunità che rinuncia ai canti tradizionali di Natale per non turbare la sensibilità degli appartenenti ad altre religioni, il parroco che per incombenti presenze di immigrati ha paura di celebrare la messa a mezzanotte, la scuola che abolisce il presepe nel segno del politicamente corretto; ed altri simili eventi che fanno registrare dichiarazioni alquanto perentorie, del tipo: “gli atteggiamenti di stranieri sfrontati impediscono spesso di celebrare tranquillamente la Festività natalizia”.
Ora, è proprio in questo contesto che si inserisce l’accusa tranciante del focoso filosofo: “Sono i cristiani i primi ad aver abolito il Natale”. E, poi, spiega: “Perché non riflettono, perché non fanno memoria di questa storia così sconvolgente”; e subito prosegue, “Capisce? Non Dio che stabilisce una relazione con gli uomini, ma Dio che viene sulla terra attraverso Cristo. Vertiginoso”. Poi l’imbarazzante e tagliente dichiarazione: “La nostra società è anestetizzata, il Natale è diventato una favoletta, una specie di raccontino edificante che spegne le inquietudini”, e ancora, questo è «Il Natale dei panettoni, il Natale delle pubblicità, il Natale dei soldi. Il Natale oggi è una festina».
Dopo di che, il filosofo non credente, con l’onestà intellettuale che lo caratterizza, si interroga rivelando la sua condivisione del grande valore culturale del cristianesimo, che – afferma con convinzione – “è una parte fondamentale del mio percorso, della mia vicenda, è qualcosa con cui mi confronto tutti i giorni”. Di conseguenza Cacciari – in piena sintonia con il parere di Benedetto Croce, il grande filosofo ideologo del liberalismo novecentesco italiano, secondo cui tutti noi “non possiamo non dirci cristiani” – a sua volta dichiara: “io che non sono credente mi interrogo: c’è un simbolo che ha dato un contributo straordinario alla nostra storia, alla nostra civiltà, alla nostra sensibilità». E completa il suo pensiero con una decisa quanto importante asserzione: il “Natale non è solo dei cristiani. In ballo c’è la nostra civiltà”. E così dicendo, il filosofo veneziano entra nel vivo del tema dell’identità dei cattolici, e del rischio che corre di indebolirsi, e con essa la solidità della nostra cultura, esprimendo un implicito ammonimento a non lasciarla decadere con irresponsabili atteggiamenti di scarsa adesione agli importanti ed edificanti princìpi, su cui si fondano le radici e i valori e della nostra civiltà.
Ora, di fronte a questa strabiliante e seria requisitoria, non si possono certo prevedere quali effetti di ritorno possa avere, o quanti siano coloro che hanno da obiettare su ciò che ha esternato Massimo Cacciari. Crediamo, però, che non siano pochi quelli che trovano motivi per concordare col suo pensiero, ma sicuri, certamente, che i suoi rimproveri siano per tutti un valido stimolo a riflettere. A parte, naturalmente, l’indiscusso riconoscimento del valore umano e spirituale del suo dichiarato vissuto interiore. Pertanto, pensiamo che l’intento speranzoso di avere risposte adeguate a questo monito, così sincero e credibile, possa entrare a far parte di un fervido augurio di “Buon 2018”, per tutti.
Anastasio Majolino