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MESSINA – Montevergine, l’emozionante “Rito di vestizione” di due giovani che entrano nella Famiglia delle “Sorelle povere di S. Chiara”.
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Un commovente rito di iniziazione mediante cui due giovani Novizie entrano a far parte della Comunità delle claustrali “Sorelle povere di S. Chiara”, di Montevergine, perchè verifichino la vocazione alla quale il Signore le ha chiamate; un avvenimento di grande significato spirituale che onora e rafforza l’identità religioso culturale di Messina, Terra di santi
Ci sono eventi di elevato valore culturale riguardanti la vita religiosa della nostra città, come quello avvenuto di recente nell’intimità del Monastero di clausura di Montevergine, che meritano di essere messi in luce perchè onorano e arricchiscono la nostra collettività. Rappresentano infatti momenti di alto significato spirituale e identitario che concorrono, fra l’altro, a dimostrare quanto Messina sia da considerare una Terra promotrice di santità.
Il fatto che due giovani donne iniziano il Noviziato nella Fraternità delle Sorelle povere di S. Chiara per verificare, con un’esperienza di vita claustrale, la vocazione alla quale il Signore le ha chiamate, è un segno importante di arricchimento del patrimonio di religiosità che caratterizza e dà valore all’identità culturale messinese. Tanto più perché un progetto di vita donativa sacrificale così totalizzante per il bene delle anime, acquista maggior valore in una società in cui profitto egoistico ed edonismo tendono di gran lunga a prevalere.
Dimostra inoltre che la nostra città può vantare una Comunità monastica claustrale di grande tradizione secolare che, nonostante la sua lunga storia, nel segno della Fondatrice Eustochia Calafato, mostra una vitale continuità e crescita del suo potenziale di religiosità contemplativa, a rafforzamento e sostegno del nostro ricco patrimonio spirituale.
L’importante evento di iniziazione è stato celebrato, in forma riservata, con un rito avvincente di alto significato religioso, nella Chiesa di Montevergine alla presenza di una ristretta cerchia di partecipanti. Nella mistica atmosfera del Tempio di Santa Eustochia Smeralda si è vissuta un’esperienza di fede toccante, ricca di intense emozioni spirituali, durante la quale le due giovani donne: Chiara Serafini, di 28 anni, e Cinzia Vinci, di 45, hanno indossato l’abito delle Novizie che le ha introdotte nella Famiglia delle claustrali Sorelle Povere di S. Chiara.
E’ stata una liturgia intima e coinvolgente – presieduta dal Cappellano mons. Pietro Aliquò, insieme alla Comunità delle Clarisse guidate dalla abbadessa madre Agnese Pavone – che ha sancito il passaggio dallo stato di postulanti a quello di novizie delle due donne che, nel pieno della loro giovinezza, hanno deciso di intraprendere il cammino di donazione a Dio, mediante l’esperienza sacrificale della vita di clausura, in povertà, preghiera e nascondimento.
E così, nella mistica atmosfera del tempio di Montevergine, al canto d’ingresso, accompagnate dai genitori e biancovestite come novie, Chiara e Cinzia sono salite all’altare per compiere l’atto di introduzione alla vita religiosa. Subito dopo, in preparazione all’atto rituale centrale delle “promesse spose” all’Amato divino, si è levato il canto cadenzato dei salmi, tra le cui implorazioni sono risuonate quelle particolarmente significative: “Si, io sono il tuo servo, Signore, / a te offrirò sacrifici di lode /…“Adempirò i miei voti al Signore, / davanti a tutto il suo popolo, / negli atri della casa del Signore,/.
Immediatamente dopo, entrando nel vivo del suo svolgimento, il rituale si è snodato attraverso i passaggi salienti che hanno rappresentato la centralità dell’azione liturgica. La rinuncia della veste mondana; la vestizione dell’abito di penitenza; il taglio dei capelli; la consegna del Vangelo e del libro della liturgia delle Ore, quale impegno di orazione e devozione.
Poi l’assegnazione del nuovo nome: per Chiara Serafini quello di “Sr. Chiara Maria Eustochia, della Passione, per Cinzia Vinci il nome di Sr. Maria Chiara Amata, dell’Eucarestia. In tal modo, le due giovani novizie, messinese la prima, milazzese la seconda, sull’esempio di Chiara di Assisi, – come ha sottolineato mons. Aliquò – vestendo l’abito nuovo di un’esistenza rivolta all’esperienza claustrale “si avviano ad un incontro di amore senza tempo, rispondendo al “Ti Amo” incrollabile rivolto a ciascuna di loro da Gesù, che le chiama ad un amore vocazionale infinito, mediante una vita dedicata per sempre a Dio nel nascondimento e nella contemplazione, ma al tempo stesso aperta verso una dimensione di carattere universale”.
Anastasio Majolino