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Papa in Marocco: Al centro il dialogo interreligioso, “Non viviamo come nemici, ma come fratelli”
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Papa Francesco e il Re Mohammed VI, in uno storico incontro nella capitale marocchina Rabat, si sono trovati concordi nello stipulare un’alleanza contro gli estremismi considerati “un’offesa a Dio”, e hanno firmato un appello per preservare Gerusalemme “come patrimonio comune dell’umanità”, e soprattutto dei fedeli delle tre religioni monoteiste. Bergoglio è il primo pontefice nella storia a compiere questo gesto, che dà senso al suo 28° viaggio internazionale: una sorta di “secondo tempo” del viaggio compiuto due mesi fa negli Emirati Arabi Uniti, con la storica firma del Documento sulla fratellanza universale, tema ricorrente di tutti i quattro discorsi pronunciati in Marocco, incentrati sul dialogo interreligioso e sulle migrazioni.
Dialogo “senza limiti e senza calcoli” è il segreto dell’autentica fratellanza, dice il Papa durante l’incontro con il clero, nella seconda giornata del viaggio, dedicata ai 30mila cattolici: una minoranza assoluta, che non arriva all’1% della popolazione, esortata – durante la Messa con più partecipazione della storia del Marocco, a cui hanno assistito 10mila persone di 60 nazionalità diverse – a “continuare a far crescere la cultura della misericordia.
Ottocento anni dopo lo storico incontro tra san Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil, il Papa nel suo primo discorso, sulla spianata della Tour di Hassan, ritiene il Marocco un “ponte naturale tra l’Africa e l’Europa”, e chiede di “partecipare all’edificazione di una società aperta, plurale e solidale”, per “superare insieme le tensioni e le incomprensioni. “Odio, divisione e vendetta uccidono l’anima” ha detto Bergoglio, occorre entrare in una dinamica che ci consenta “di guardare e di vivere non come nemici, ma come fratelli”. “È indispensabile opporre al fanatismo e al fondamentalismo la solidarietà di tutti i credenti”, dice il Papa, citando come esempio virtuoso di formazione l’Istituto Mohammed VI per imam, predicatori e predicatrici, voluto dall’attuale re per contrastare odio, violenza e terrorismo: sarà proprio Francesco il primo papa ad entrarci poco dopo.
“Abbiamo sempre bisogno di passare dalla semplice tolleranza al rispetto e alla stima per gli altri”; la proposta: la parola d’ordine del dialogo interreligioso è fraternità, ripete il Papa evocando la parola-chiave del viaggio negli Emirati Arabi Uniti e citando la Conferenza internazionale sui diritti delle minoranze religiose nel mondo islamico, tenutasi a Marrakech nel gennaio 2016. Dialogo è anche prendersi cura della nostra casa comune, sottolinea Francesco, menzionando la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, Cop 22 e lanciando un ennesimo appello per “invertire la curva del riscaldamento globale e riuscire a sradicare la povertà”.
“La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio”. Nel discorso rivolto al clero, dalla cattedrale di Rabat, il Papa ha citato Paolo VI, e ha precisato: “Affermare che la Chiesa deve entrare in dialogo non dipende da una moda, tanto meno da una strategia per aumentare il numero dei suoi membri. Se la Chiesa deve entrare in dialogo è per fedeltà al suo Signore e Maestro che, fin dall’inizio, mosso dall’amore, ha voluto entrare in dialogo come amico e invitarci a partecipare della sua amicizia e a far parte di questo dialogo di salvezza e di amicizia, di cui siamo i primi beneficiari” .
La seconda parte del discorso Francesco l’ha dedicata interamente alle migrazioni, a partire dai risultati raggiunti proprio qui in Marocco dalla Conferenza intergovernativa sul Patto mondiale “per una migrazione sicura, ordinata e regolare”, e dal relativo documento: “un punto di riferimento per l’intera comunità internazionale”, lo definisce il Papa.
Accogliere è ampliare i canali migratori regolari, per non concedere ulteriori spazi ai ”mercanti di carne umana”. “Spero che il Marocco vorrà continuare ad essere, nella comunità internazionale, un esempio di umanità per i migranti e i rifugiati”; Francesco chiede di “partecipare all’edificazione di una società aperta, plurale e solidale”, per “superare insieme le tensioni e le incomprensioni.
La crisi migratoria “non troverà mai una soluzione” nella costruzione di barriere o nella diffusione della paura dell’altro. Bisogna prevenire ogni tipo di discriminazione e xenofobia e garantire il diritto “anche quello di non essere costretti a emigrare, cioè il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una vita degna”. Integrare vuol dire edificare “città accoglienti, plurali e attente ai processi interculturali”. Da proteggere sono anzitutto le vie migratorie, troppo spesso “teatri di violenza, sfruttamento e abusi di ogni genere”.
l’invito al piccolo gregge di cattolici già nel primo discorso: “In questa terra amata da Dio, cresca la fraternità umana”, l’auspicio dalla cattedrale di Rabat, dove ha benedetto la decana dei religiosi, suor Ersilia, 97 anni, e ha recitato l’Angelus attorniato da un gruppo di bambini. “Il passato e il futuro”, ha commentato a braccio Francesco.
Redazione da Ag. di I.