- Guerra in Ucraina. L’arcivescovo Shevchuk: “Una pace ingiusta sarà causa di altre guerre”
- Movimento per la vita. Casini (presidente): “Fare di tutto per accogliere la vita e difenderla”
- Censis su religiosità italiani, Nembrini: “Tornare alle origini e seguire la strada tracciata dai santi di oggi”
- La Santa Sede dopo l’elezione di Trump, l’augurio del Segretario di Stato Parolin
- Clarisse di Sicilia. Monastero di Castelbuono, l’elevazione dello spirito a Dio tra preghiera, lavoro e fraternità
- Alluvioni in Spagna, tra i volontari che aiutano anche tanti sacerdoti, suore e giovani delle diocesi.
Papa Francesco: a Centri vocazioni d’Europa, “Il lavoro per le vocazioni non è proselitismo”. “Capire il linguaggio dei giovani”
Articoli collegati
Nel discorso rivolto ai partecipanti al congresso dei Centri nazionali per le vocazioni delle Chiese di Europa, ricevuti oggi nella Sala del Concistoro, Papa Francesco si è soffermato a precisare: “La santità, come chiamata che dà senso al cammino di tutta la vita; la comunione, come ‘humus’ delle vocazioni nella Chiesa; la vocazione stessa, come parola-chiave da preservare, coniugandola con le altre: ‘felicità’, ‘libertà’ e ‘insieme’; e infine declinandola come speciale consacrazione”. “Il discorso sulla vocazione porta sempre a pensare ai giovani”, ha evidenziato il Pontefice, per il quale “questo è bene, ma non dobbiamo dimenticare che la vocazione è un cammino che dura tutta la vita”. La pastorale, secondo il Papa, “non può che essere sinodale”, vale a dire capace di dare forma a un “camminare insieme”. E la sinodalità è “figlia della comunione. Si tratta di vivere di più la figliolanza e la fraternità, di favorire la stima reciproca, valorizzare la ricchezza di ciascuno, credere che il Risorto può operare meraviglie anche attraverso le ferite e le fragilità che fanno parte della storia di tutti. Dalla comunione della Chiesa nasceranno nuove vocazioni”.
Ma La parola “vocazione”, per Francesco, “non è scaduta”. “Conosco alcune comunità che hanno scelto di non pronunciare più la parola ‘vocazione’ nelle loro proposte giovanili, perché ritengono che i giovani ne abbiano paura e non partecipino alle loro attività – ha ricordato il Santo Padre –. Questa è una strategia fallimentare: togliere dal vocabolario della fede la parola ‘vocazione’ significa mutilarne il lessico correndo il rischio, presto o tardi, di non capirsi più. Abbiamo bisogno – invece – di uomini e donne, laici e consacrati appassionati, ardenti per l’incontro con Dio e trasformati nella loro umanità, capaci di annunciare con la vita la felicità che viene dalla loro vocazione”.
“Il lavoro per le vocazioni, con le vocazioni, non dev’essere, non è proselitismo. Non è ‘cercare nuovi soci per questo club’. No. Deve muoversi nella linea della crescita che Benedetto XVI tanto chiaramente ci ha detto: la crescita della Chiesa è per attrazione, non per proselitismo”. È il monito lanciato oggi da Papa Francesco nel suo intervento a braccio ai partecipanti al congresso dei Centri nazionali per le Vocazioni delle Chiese di Europa.
“Non si tratta di cercare dove prendere la gente”, ha chiarito il Papa, ribadendo che “lo spirito del proselitismo ci fa male”.
Francesco si è poi soffermato sulla “capacità delle persone che aiutano” chi è in ricerca. “Aiutare un giovane o una giovane a scegliere la vocazione della sua vita, sia come laico, laica, come sacerdote, religiosa, è aiutare a far sì che trovi il dialogo con il Signore”. “Non è un convincimento intellettuale”, perché “la scelta di una vocazione deve nascere dal dialogo con il Signore, qualunque sia la vocazione”. Dal Papa poi un monito sugli “atteggiamenti”. “Lavorare con i giovani – ha spiegato – esige tanta pazienza, tanta!, tanta capacità di ascolto, perché a volte i giovani si ripetono, si ripetono”. Per questo ci vuole “pazienza e capacità di ascolto”. Un’altra indicazione è quella di “ringiovanirsi: cioè mettersi in moto, in movimento con loro. Oggi il lavoro con i giovani, in genere, qualsiasi tipo, si fa in movimento”. E “questo stanca… Bisogna stancarsi! Non si può lavorare per le vocazioni senza stancarsi. È quello che ci chiede la vita, la realtà, il Signore, e tutti”.
Francesco ha poi invitato ad utilizzare “il linguaggio del Signore”. “A volte – ha osservato – noi parliamo ai giovani come siamo abituati a parlare agli adulti”. Ma “per loro, tante volte il nostro linguaggio è ‘esperanto’, è proprio come se parlassimo esperanto, perché non lo capiscono”. Bisogna cercare di “capire il loro linguaggio”.
Redazione da Ag. di I.