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Riflettendo con Diana Papa: impariamo dai contemplativi connessi con l’umanità attraverso la preghiera, senza escludere la realtà
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= Le donne e gli uomini contemplativi, chiamati a raggiungere i confini del mondo in tempo reale, attraverso la contemplazione vissuta sull’onda dell’amore, nonostante il loro spaziare, rimangono immersi nel profondo dell’umanità alla presenza di Dio. Coloro che vivono in monastero possono condividere con chi continuamente naviga, la loro esperienza di connessione con l’umanità intera attraverso la preghiera, senza perdere il contatto con la realtà=
Siamo quasi tutti connessi, cerchiamo ogni occasione per stare in contatto con parecchi individui, continuiamo a cliccare su “mi piace” o “non mi piace”, teniamo fisso lo sguardo sullo smartphone per verificare chi ci chiama, rispondiamo solo se l’altro ci fa stare meglio, azioniamo le dita delle mani per cercare sul web qualsiasi cosa. Ed ancora: ci agitiamo per trovare le posizioni più strane per scattare un selfie, impegniamo tutte le ore per vivere secondo il rituale delle connessioni, mentre il tempo, le persone, la natura, la stessa vita passano davanti e non ci accorgiamo.
Un popolo di emozioni ci abita, ci spinge, ci connette e ci disconnette, ci provoca, ci galvanizza, ci disorienta, mentre non riusciamo a rimanere e a godere del contatto con la realtà del momento, dove possiamo sperimentare la gioia di un affetto autentico non programmato, ma semplice, spontaneo, intimo, il senso di umanità che prende il volto della prossimità, della cura, della tenerezza, espresse talvolta anche con il silenzio abitato che parla, comunica, fa sperimentare la bellezza della relazione.
Abbiamo spesso paura del silenzio, ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che proprio questa esperienza ci permette di rimanere connessi con la profondità della nostra esistenza e in ascolto della profondità dell’altro. Quando questa connessione è interrotta
da tanti rumori, da una miriade di immagini, da messaggi che non consentono di collocarci consapevolmente dove siamo, non riusciamo ad essere in contatto con ciò che è reale. Percepiamo il mondo da un’altra prospettiva, vediamo i luoghi comuni in spazi senza confini dove manca l’incontro, aree di anonimato dove l’individuo sembra aver perso il volto. Vaghiamo lungo le strade del mondo sfiorando le varie superfici, senza sentire il contatto con la terra che permette di vedere, di sentire, di toccare, di rimanere connessi con ciò che è vicino e che è realmente umano.
Moltiplichiamo le parole, usiamo un linguaggio talvolta offensivo o difensivo, senza trovare alternative mirate alla custodia di sé, dell’altro e del bene sociale, una comunicazione che viaggia sul tavolo da ping pong: mentre l’uno evidenzia il limite dell’altro e dimostra con enfasi la sua grandiosità, l’altro, per difendere se stesso, usa lo stesso schema. Nessuno sceglie di vivere nel qui e ora, per fermare la pallina del gioco e rimanere un attimo in silenzio per riflettere, ascoltarsi, guardarsi negli occhi, cogliere ciò che c’è di buono in sé e nell’altro, per poter aprire insieme nuovi percorsi, come indica Papa Francesco.
Anche noi cristiani, a volte, facciamo parte del clan “Bambini ribelli, riunitevi!”, soprattutto quando perdiamo la capacità di pensare, di discernere, di leggere la storia dalla parte di Dio.
Che cosa possiamo dire ancora oggi della presenza di Dio nella storia ai tanti individui immersi nel vortice delle connessioni, se non sperimentiamo la bellezza del silenzio vissuto nell’incontro con il Signore risorto?
Dedicare del tempo alla meditazione della Parola donata dallo Spirito, da incarnare durante la giornata come Gesù Cristo e da condividere con chi ci è vicino, non è prerogativa solo dei consacrati, ma di tutti i battezzati. Non mancano oggi, in realtà, molti laici che curano la profondità spirituale, concedendosi anche dei tempi prolungati di contemplazione in luoghi dello Spirito.
Coloro che vivono in monastero, inoltre, possono condividere con chi continuamente naviga, la loro esperienza di connessione con l’umanità intera attraverso la preghiera, senza perdere il contatto con la realtà. Le donne e gli uomini contemplativi, chiamati a raggiungere i confini del mondo in tempo reale, attraverso la contemplazione vissuta sull’onda dell’amore, nonostante il loro spaziare, rimangono immersi nel profondo dell’umanità alla presenza di Dio. La loro connessione contemplativa parte da un cuore che ama, perciò fa rimanere nella storia, in contatto con se stessi, prendendosi cura dell’altro, al di là della distanza, a godere delle relazioni e dell’incontro, ad essere tessitori di pace, di giustizia e di solidarietà.
Come rimanere connessi con il cuore con la storia di ogni giorno, senza staccare la spina con quelli che ci sono vicini? Come sono le mie connessioni e in che modo posso curare il silenzio?
Redazione da Ag. di I.