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Tratta. Suor Eugenia Bonetti: “formare le coscienze iniziando a sensibilizzare le parrocchie”
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La tratta degli esseri umani, di cui sono in gran parte vittime le varie fasce del mondo femminile, è un grave e vergognoso fenomeno in crescente diffusione, verso cui combattono alacremente le suore anti-tratta. Il loro impegno è in particolar modo rivolto a richiamare l’esigenza di prendere consapevolezza responsabile del turpe mercato da parte di tutti, per contrastarlo il più possibile senza ipocrisie.
“Dobbiamo iniziare dalle parrocchie e non nascondere tutto sotto il tappeto. Invece facciamo finta di non vedere cosa avviene sulle nostre strade: stiamo distruggendo generazioni di donne, sempre più giovani. Troviamo ragazzine addormentate in terra come stracci, è una vergogna”. Questo l’appello di suor Eugenia Bonetti, la veterana delle suore anti-tratta, missionaria della Consolata, nella VI Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta degli esseri umani che si celebra l’8 febbraio (Patrizia Caiffa).
40 milioni di persone ridotte in schiavitù nel mondo, di cui il 72% donne e bambine. Un terzo delle vittime sono minorenni. In Italia sono stimate almeno 90-100.000 donne costrette a prostituirsi sulle strade e oltre 6 milioni i “clienti” che “le usano e abusano, di cui il 90% si dicono cattolici”. Snocciola cifre che ripete da una vita suor Eugenia Bonetti, la veterana delle suore anti-tratta. Ancora oggi trascorre molte delle sue giornate al Cpr di Ponte Galeria, a Roma, accanto alle donne trovate in strada senza regolari permessi, in attesa di essere rimpatriate.
Suor Eugenia, missionaria della Consolata, fondatrice e presidente dell’associazione Slaves no more, non si stanca di alzare la voce contro questo fenomeno che negli anni, spiega al Sir, “ha cambiato forma ma non è migliorato: oggi in strada ci sono sempre più ragazzine”. La Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta degli esseri umani, di cui si celebra la VI edizione sabato 8 febbraio, è “un grande dono ricevuto da Papa Francesco”. Fu proprio lei, nel settembre 2013, ad incontrare per la prima volta il Papa, chiedendogli di istituire la Giornata mondiale l’8 febbraio, in occasione della festa di Santa Giuseppina Bakhita, la giovane sudanese rapita a 7 anni, venduta più volte al mercato degli schiavi, poi liberata e divenuta suora. È stata canonizzata nel 2000 da Giovanni Paolo II.
La Giornata è un momento clou per tutte le religiose che si battono contro la tratta, riunite nella rete internazionale Talitha Kum, che fa anche lavoro di prevenzione nei Paesi di provenienza delle giovani sfruttate. In tutte le comunità cattoliche del mondo si svolgeranno iniziative. La rete della vita consacrata contro la tratta, in partenariato con la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, la Sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio allo sviluppo umano integrale, Caritas internationalis, l’Unione mondiale delle Organizzazioni femminili cattoliche, l’Anti-trafficking working group e il Jesuit refugees service, ha organizzato per l’occasione due eventi a Roma: l’8 febbraio una veglia di preghiera nella Basilica di Sant’Antonio da Padova in Laterano (via Merulana, 124/b, ore 18.30); domenica 9 febbraio, alle 10, partirà invece da Castel Sant’Angelo la Marcia “Insieme contro la tratta” con arrivo a piazza San Pietro per partecipare all’Angelus con Papa Francesco.
La sfida: sensibilizzare le parrocchie. La sfida attuale della Giornata mondiale di preghiera, sottolinea la religiosa, “è la sensibilizzazione delle parrocchie, perché tutti sappiano che questo enorme fenomeno sta distruggendo le vite di milioni di persone”. “Dobbiamo iniziare dalle parrocchie e non nascondere tutto sotto il tappeto – afferma -. Invece facciamo finta di non vedere cosa avviene sulle nostre strade: stiamo distruggendo generazioni di donne, sempre più giovani. Troviamo ragazzine addormentate in terra come stracci, è una vergogna”. In questi sei anni, da quando è stata istituita la Giornata, suor Eugenia nota “più sensibilità tra le organizzazioni che lavorano nel settore ma la domanda non è cambiata”: “I clienti delle ragazze sono convinti che vogliono fare questo lavoro. Non sanno che sono talmente invischiate nella rete al punto da dover mentire, perché altrimenti vengono picchiate. Portano i segni su tutto il corpo, insieme alle ferite interiori. Dopo queste esperienze non saranno più le stesse”.
Appello ai governi e alle coscienze. Secondo suor Eugenia “bisogna lavorare insieme e e chiedere ai governi di assolvere al dovere dell’accoglienza in modo corretto. Altrimenti le ragazze, non trovando lavoro e alloggio, finiscono nelle mani dei trafficanti”. Anche se, precisa, “non basta puntare il dito contro i governi se non partiamo da noi, dalla formazione delle coscienze nelle nostre comunità”.
Redazione da ag. di inf.