Coronavirus. La scienza è impotente? Don Stanzione: “Perché non invocare San Michele Arcangelo?”
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Sin dall’inizio dell’umanità, religione, medicina e salute di una popolazione sono sempre state tra loro intrecciate. Tali interconnessioni con reciproca influenza, nel divenire storico dell’Occidente, hanno rappresentato un aspetto di estrema importanza nell’evoluzione della società civile. Per il cristiano, in particolare, rivolgersi a Dio nei momenti più difficili e minacciosi per la salute, mediante la preghiera come supplica, invocazione di aiuto, anche attraverso l’intercessione dei santi, rappresenta un’esigenza le cui radici affondano nel profondo della sua religiosità.
Il rapporto interiore che lega il credente alla Divinità, infatti, lo fa sentire in possesso di una risorsa importante, che ha nelle fede il suo fondamento di valore incommensurabile e inesauribile, su cui poter far sempre affidamento, ma soprattutto nei momenti straordinari in cui ha un bisogno impellente di aiuto e salvezza. Specialmente se viene a trovarsi in una congiuntura di grave pericolo, come quella attuale, in cui sperimenta la condizione frustrante di vedere venir meno il sostegno che avrebbe dovuto avere dalle specifiche, necessarie, capacità umane. Per cui ognuno di noi non può fare a meno di riflettere tristemente nel vedere il superbo homo sapiens postmoderno, con tutte le sue vantate potenzialità razionali, scientifiche, tecnologiche e comunicative, costretto a subire un’umiliante sconfitta: trovarsi privo di risorse di fronte all’attacco di un’entità biologica estremamente minuscola, submicroscopica, e per di più parassita privo di vita autonoma, senza poter fare granchè.
Detto ciò, come si fa a non rispondere positivamente all’interrogativo-suggerimento con cui mons. Marcello Stanzione invita a far leva sulle risorse religiose invocando San Michele, in un momento drammatico come quello che stiamo attraversando?
Ancor più, come in questo caso, se il grave rischio di una contaminazione che mette a repentaglio il bene prioritario della salute e della vita, fa sì che l’emergenza Coronavirus, oltre che un grave problema sanitario, sia diventato, anche a causa di amplificata e deformante comunicazione, un fenomeno mediatico artefice di psicosi collettiva.
“la combinazione tra modalità di trasmissione, meccanismo di generazione di malattia, gestione del rischio e paura intrinseca travalicano l’entità dell’impatto sulla salute”, afferma Papa Francesco, “La sofferenza e la morte che, come in altre parti d’Italia, si sta vivendo a causa del virus è per me motivo di preghiera e vicinanza umana”.
“Questa situazione di pericolo, però, è anche un’occasione per vedere di che cosa sono capaci gli uomini e le donne di buona volontà. Penso a chi, in questi giorni, si sta impegnando oltre il dovuto: il personale medico e paramedico innanzitutto”, continua il Pontefice.
A difesa dei momenti difficili, come quello in atto, sono frequenti le occasioni in cui il Pontefice ha raccomandato di affidarsi, dopo l’implorazione alla Santa Madre di Dio, all’intercessione potente di San Michele Arcangelo, protettore della Chiesa e Principe delle milizie celesti, che combatte contro ogni male.
L’Antico ed il Nuovo Testamento parlano dell’Arcangelo, del suo potere, delle sue apparizioni, della sua intercessione, del “dominio affidatogli su tutti gli uomini dalla Suprema Bontà dell’Onnipotente. I Pontefici, come Poi IX, Leone XIII e Pio XII, non mancarono di raccomandare ai fedeli la devozione a San Michele”. Il culto micaelico, infatti, è molto diffuso sia in Oriente che in Occidente, ne danno ampia testimonianza gli innumerevoli santuari, monasteri, chiese e anche monti intitolati al suo nome.
Ora, l’invito a invocare San Michele, da parte di mons. Stanzione (solerte promotore del suo culto), perché interceda a nostra difesa contro il male del Coronavirus, non può che apparire assai confacente alle esigenze del momento. A sostegno di questo urgente motivo di invocazione, Marcello Stanzione ricorda che “l’Arcangelo è sempre stato invocato contro le pestilenze, ha ottenuto tanti benefici miracolosi, fra cui il sorgere di fonti di acqua sacra, promuovendo non solo la salute ma anche la fede. L’attribuzione a Michele del titolo di santo ha origine già nell’Antico Testamento: l’Arcangelo è considerato Principe, difensore degli amici di Dio e protettore del Suo popolo da ogni male”.
“L’Arcangelo – rammenta Stanzione – si è mostrato con splendore a Roma, nell’anno 590: la peste fa strage nella Città, decimando la popolazione – ad iniziare dal pontefice regnante – Pelagio II – ed isolando dal resto del mondo il centro della cristianità. Il nuovo papa, Gregorio, ricorre ai mezzi provati: invita il popolo ad un triduum di preghiera concluso con una processione penitenziale di cui lui stesso prende la testa, portando in alto l’icona della Vergine che si conserva nella Basilica Santa Maria Maggiore, e venerata con il titolo di “Salus populi romani”.
Quando la processione giunge sulle rive del Tevere, continua don Marcello, i fedeli, sorpresi, si mettono a guardare il cielo che si è illuminato; e al di sopra del mausoleo di Adriano, vedono apparire il grande Arcangelo, nella sua armatura, che ripone la spada nel fodero. A partire da quel momento, l’epidemia regredisce, e ben presto cessa del tutto. Da allora quel monumento sarà chiamato Castel Sant’Angelo: vi sarà edificata una replica della grotta del monte Gargano, e si erigerà alla sua sommità un’immensa statua dell’Arcangelo.
Sul Gargano, a Monte Sant’Angelo in Puglia, dove sorge Il Santuario di San Michele, c’è la chiesa sotterranea, ricavata in una immensa grotta carsica a lui dedicata. Un antichissimo luogo di pellegrinaggio che in virtù di tre apparizioni miracolose dell’Arcangelo, venne consacrata definitivamente al culto cristiano nel 490, anno in cui secondo la tradizione avvenne la prima apparizione.
Anastasio Majolino