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Covid-19, mons. Russo (Cei): “Per le messe aspettiamo risposta dal governo, ma la salute è priorità”
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All’inizio del mese dedicato a Maria, le riflessioni di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, ci permettono di prendere meglio consapevolezza di alcun aspetti significativi che riguardano il momento difficile che stiamo attraversando.
Nel giorno dell’Atto di affidamento dell’Italia a Maria, il segretario generale della Cei, si sofferma sul significato di questo gesto per la comunità ecclesiale e civile, in una intervista per i media della Cei dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Si tratta di un affido, sottolinea mons. Russo, che giunge dopo un periodo doloroso, in cui tante persone hanno vissuto nella preghiera questa fase così complicata e difficile. Maria è colei che si fida e si affida al Signore, crede nonostante tutto all’amore di Dio: vogliamo presentarci a Maria e affidare a lei questo tempo, le nostre passioni, la volontà di camminare con lei e come lei verso il Signore. È l’affido di tutte quelle persone che si sono spese per gli altri, come gli operatori della sanità, e tante famiglie che vivono situazioni di sofferenza o hanno visto lutti.
È l’affido anche del mondo del lavoro, tra i più colpiti, continua il segretario Cei: il 1° maggio è la memoria di San Giuseppe lavoratore, sposo di Maria. È un affido dell’intero nostro Paese che Avverrà nella basilica di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio. Una scelta che ci è sembrata opportuna per due aspetti significativi: anzitutto perché si trova in Lombardia, Regione colpita dall’epidemia più di altre; poi perché, sorgendo in provincia di Bergamo e nella diocesi di Cremona, unisce due territori flagellati dal virus. Caravaggio, inoltre, è un Santuario riconosciuto da tutti i lombardi come punto di riferimento per la venerazione a Maria.
Mons. Russo spiega poi la posizione dei Vescovi italiani riguardo alle disposizioni contenute nell’ultimo Dpcm, alla luce dell’invito del Papa alla prudenza e all’obbedienza, e illustra a che punto è l’interlocuzione con il governo per l’elaborazione del Protocollo per le celebrazioni eucaristiche. Infine, si sofferma sul valore della festa dei lavoratori, in un tempo in cui il mondo del lavoro è messo a dura prova dall’emergenza sanitaria, gettando uno sguardo al domani che chiama in causa la responsabilità di ciascuno.
Nei giorni scorsi, papa Francesco ha invitato “alla prudenza e all’obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”, sottolinea Russo. Le sue parole sono state interpretate da alcuni quasi come una presa di distanza rispetto alla posizione espressa dalla Cei nella nota in cui esprimeva il disappunto dei vescovi per il Dpcm.
Le parole del Santo Padre sono la cifra essenziale per il cammino da compiere da qui alle prossime settimane. In quelle parole non c’è contrapposizione con la Chiesa italiana: il Papa sostiene da sempre e con paternità il nostro agire. La Chiesa ha un’armonia polifonica, non contrapposta nelle sue voci, ma unita dalla comunione e dall’umanità. Non tenere conto della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni significherebbe essere ciechi e decontestualizzati rispetto al vissuto di tristezza e dolore con cui stiamo ancora facendo i conti.
Nascono da questa passione per l’umanità anche le parole dei vescovi italiani. Nessuna fuga in avanti, dunque; né tanto meno irresponsabilità verso le regole o strappo istituzionale. Il confronto e il dialogo con le Istituzioni governative – anche in qualche passaggio dai toni forti – non è mai venuto meno, all’insegna di una reciproca stima.
Riguardo l’elaborazione del Protocollo per le celebrazioni eucaristiche, Il dialogo con le Istituzioni governative è quotidiano e all’insegna di una collaborazione leale. Da lunedì avremo la possibilità di celebrare le esequie; stiamo lavorando da un paio di settimane su un Protocollo per le celebrazioni eucaristiche, che minimizzi al massimo il rischio del contagio: preservare la salute di tutti deve essere un interesse primario.
Certo, molti fedeli hanno sofferto per la mancanza di accesso ai sacramenti, ammette il segretario della Cei, invocando la ripresa delle celebrazioni con il popolo. Come Chiesa stiamo condividendo le limitazioni imposte a tutti dall’emergenza sanitaria. Abbiamo cercato di reagire moltiplicando proposte che hanno potuto contare sul supporto decisivo dei media e della rete. Mi auguro che questa sofferta privazione, sottolinea mons. Russo, come ogni digiuno ben motivato, alimenti il desiderio e sostenga anche l’attesa della celebrazione, di quel culto – che per chi crede – è sostegno a ogni forma di libertà. Allo stesso tempo, la Chiesa è presenza viva del Signore, che si incarna in coloro che accogliendo la sua Parola se ne fanno testimoni: le opere di carità e di prossimità in questo tempo si sono moltiplicate in modo straordinario. Il sito https://chiciseparera.chiesacattolica.it dà visibilità a molte di queste, espressione della vivacità delle comunità locali.
Il calo del PIL potrebbe far segnare un -15% nel 2020. Migliaia di posti di lavoro persi e attività commerciali chiuse saranno l’effetto sull’economia di una crisi sanitaria che cambierà la vita di molti italiani.
Nella ricorrenza della festa dei lavoratori, ci troviamo a vivere un primo maggio difficile. La crisi sanitaria ha generato una crisi economica che si riverbera drammaticamente sul lavoro. Nulla sarà come prima, hanno scritto i vescovi italiani nel messaggio per il 1° maggio di quest’anno. Ascoltiamo il grido di dolore che si leva da tutto il territorio italiano, da ogni comparto produttivo, dai lavoratori autonomi, dagli stagionali, da coloro che subiscono la duplice vessazione del lavoro in nero e del caporalato.
In quanti temono di non riaprire la loro attività, di non trovare più il proprio impiego, di sprofondare nella disoccupazione? Non manca chi si approfitta di questa situazione per imporre salari indecorosi a chi, per necessità, accetta impieghi sfiancanti. Il lavoro è dignità, ricorda anche il Santo Padre. E quando la Chiesa parla del lavoro non descrive un principio astratto, ma parla degli uomini e delle donne che lavorano e lo fa perché è un dovere che le appartiene. A tal proposito Papa ha più volte ripetuto: “Il lavoro è una priorità umana. E pertanto è una priorità cristiana”.
Ma è soprattutto nei prossimi mesi che si vedrà come ci si potrà risollevare dalla crisi in cui ci troviamo, conclude mons. Russo. E’ nel “dopo” che si vedrà la tenuta della nostra società. Il futuro si fonderà sulla nostra capacità di “fare squadra”, partendo dagli ultimi, sulla solidarietà rispetto all’egoismo. Se si sarà pronti non solo a “fare”, ma a “fare insieme”. È necessario ripensare le priorità e ridisegnare una nuova economia, rispettosa dell’uomo e del creato, sulle orme della Laudato Si’.
Redazione da ag. di i.